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Monica Giuntoli: “Ho ammirato Sinatra perchè si è messo a nudo e non è da tutti gli artisti”

Monica Giuntoli album
Monica Giuntoli

“Monica loves Frank” è il nuovo album della cantante e interpete milanese Monica Giuntoli, pubblicato lo scorso 5 aprile.

È un album che nasce come omaggio a Frank Sinatra, i cui brani sono stati registrati live in studio, senza precedenti prove, né della cantante né dei musicisti.

“Il jazz è soprattutto improvvisazione che abbiamo voluto portare in questo disco; sia il Maestro Palumbo che Riccardo e Stefano non hanno voluto fare delle prove prima dell’incisione”  

I brani scelti per raccontare Frank Sinatra, con arrangiamenti inediti a cura del Maestro Sante Palumbo, sono: All the way, What Now My Love, Parlami di te, I’m a fool to want you, My Funny Valentine, A foggy day, I didn’t know what time it was, Blues in the night, Fly me to the moon.

Alla realizzazione del disco hanno partecipato anche Riccardo Fioravanti al contrabbasso e basso elettrico e Stefano “Brushman” Bagnoli alla batteria; “Monica loves Frank” è stato registrato e mixato a Indiehub da Stefano Giungato per Jasm Records ed è distribuito da Believe.

La nostra intervista a Monica Giuntoli

Il nuovo album si intitola “Monica loves Frank”. Con che criterio sono stati scelti i brani, anche perché ne mancano alcuni che hanno caratterizzato la carriera di quest’artista.

Inoltre, perché proprio Frank Sinatra?

Per questo progetto ho collaborato a stretto contatto con il maestro Sante Palumbo e l’album nasce come un omaggio a Frank Sinatra.

Ho scelto questo artista per una ragione di cuore: ho iniziato ad approcciarmi al jazz verso i 16/17 anni e il primo brano che ho cantato è stato proprio di Frank Sinatra. Quindi quando abbiamo iniziato a parlare su quale poteva essere il tema del disco ho espresso questo mio desiderio perché è l’artista con cui è cominciato tutto.

Il Maestro Palumbo mi aveva avvertito che interpretare Frank Sinatra sarebbe stato un rischio perché sono una voce femminile ed è raro che le interpreti scelgano di fare un album su degli artisti maschili.

Oltre al fatto che Frank Sinatra ha un repertorio molto ampio e poteva sembrare che la scelta fosse stata fatta in base a quello che mi piaceva fare o quello che mi riusciva meglio, ma non è così.

La scelta di proporre brani meno “famosi”, quelli meno inflazionati e interpretati dagli altri cantanti, sia uomini che donne, è la dimostrazione di quanto abbia voluto mettermi in discussione e accettato tutte le difficoltà, tecniche ed interpretative, che potevano sussistere.

Così, con il Maestro Palumbo abbiamo iniziato a fare una ricerca di tutti questi brani ed ecco i titoli che compongono il disco come ” Fly me to the moon”.

Sono cosciente che è stata un po’ un’arma a doppio taglio perché Frank Sinatra è molto famoso, ma sono contenta di aver fatto questo progetto col maestro Palumbo che ha anche riarrangiato in maniera inedita questi brani.

A quanto pare hai rischiato bene: “My Funny Valentine” ha raggiunto oltre 12367 ascolti su Spotify e la maggior parte degli ascolti sono stati fatti negli Stati Uniti. Cosa ne pensi degli ascolti fatti più in America che in Italia, purtroppo?

Credo che il pubblico americano sia un po’ più curioso e più aperto all’ascolto anche di artisti che non sono ancora noti, ma a loro avviso possono avere qualcosa di interessante da dire. Forse hanno un’educazione improntata sull’ascolto di generi diversi, mentre in Italia il jazz è ancora, purtroppo, una nicchia.

Inoltre “My Funny Valentine” ha una storia particolare ed è per questo che abbiamo scelto di fare questo brano: mentre il maestro mi stava proponendo “April In Paris” (sempre di Frank Sinatra ), ho guardato il suo spartito e c’era un appunto di un piccolo pentagramma sull’angolo di questa canzone.

Ho chiesto al Maestro cosa significasse l’appunto di quelle note e rispose che facevano parte di un arrangiamento di vent’anni fa di “My Funny Valentine”; mi è sembrato come un segno, quelle cose strane che succedono.

Lui ha iniziato a suonarla, mi sono innamorata, mi ha elettroritmicamente accattivata così ho iniziato a cantarla naturalmente e con l’etichetta abbiamo deciso poi di usarla come singolo di punta, proprio per questo arrangiamento inedito, è come se ascoltassi un brano nuovo.

Oltre al Maestro Palumbo, hanno collaborato alla realizzazione anche Riccardo Fioravanti e Stefano Bagnoli. Anche loro hanno partecipato alla scelta dei brani da inserire nell’album?

No, in questo caso Riccardo Fioravanti e Stefano Bagnoli non hanno contribuito alla scelta dei brani.

Questo album è stato suonato live e in due giorni abbiamo registrato tutte le tracce (come si fa in America); sia Riccardo che Stefano hanno collaborato spesso col maestro Palumbo – quindi avevano già un affiatamento – e questo ha fatto si che durante l’esecuzione dei brani abbiamo dato il loro contributo come artisti, come musicisti.

Per esempio, inserendo delle parti, consigliando ed esprimendo i loro consigli sull’interpretazione musicale; hanno contribuito all’esecuzione di questi brani in maniera umana e artistica e credo che questo si senta nell’ascolto del disco perché c’è un connubio fra di noi, c’è più della musica.

È un’esecuzione fatta al momento e quindi a seconda delle sensazioni che provavamo nel suonare per la prima volta quegli arrangiamenti; ha creato delle emozioni che abbiamo trasferito in questo album.

Perché la scelta di registrare in questo modo?

Perché il jazz è soprattutto improvvisazione che abbiamo voluto portare in questo disco; sia Riccardo che Stefano non hanno voluto fare delle prove prima dell’incisione e io, tra l’altro, non avevo mai suonato con loro.

Il desiderio era trasmettere questo messaggio: “Stiamo registrando un album che è arrangiato con i controfiocchi”.

Tutti gli assoli dei musicisti sono assolutamente fatti all’impronta, non sono scritti, lo stesso quelli del Maestro e anche la mia interpretazione è fatta al momento; non avevo assolutamente definito nessuno dei brani, non sapevo come li avrei cantati perché non ci sono state prove, non ci sono stati vincoli di questo genere.

Oltre a “My Funny Valentine” quali sono gli altri brani che preferisci, il motivo, la loro storia e significato.

Un altro brano del repertorio di Frank Sinatra è “I’m a fool to want you”.

Sinatra ha registrato questo pezzo in un periodo della sua vita molto particolare, aveva appena lasciato la prima moglie Nancy e stava iniziando la sua relazione con Ava Gardner ed era in uno stato di confusione totale.

Stava lasciando la moglie che aveva tanto amato, con la quale aveva una famiglia, per mettersi con una donna che gli stava già causando un sacco di angosce; la storia tra Sinatra e Gardner è bellissima, ma struggente perché Ava Gardner era una donna che non dava nessuna sicurezza in campo sentimentale.

Sinatra aveva trovato una sua pari: lui era molto dongiovanni, amava le donne in maniera totale, ma Ava Gardner amava altrettanto gli uomini, l’amore, divertirsi e questo l’ha fatto molto soffrire.

In questo testo bellissimo e struggente di “I’m a fool to want you” lui le dichiara il suo amore; è molto onesto e veritiero perché mette in luce le sue fragilità come uomo ed è pazzesco sentire Frank Sinatra cantare a quei tempi “Ti prego riprendimi, sono un pazzo a volerti, sono un pazzo a desiderare un amore che so che non è solo mio, dei baci che so che non sono solo miei”.

Amo il brano per questo, perché c’è lui, c’è la sua fragilità e ho ammirato la sua sincerità perché non è da tutti. Sinatra aveva un ruolo, era un’icona di stile e di eleganza e in questo brano c’è tanto di lui, cose che confidi ad un amico e non alla stregua di tutti.

Invece, l’altro brano, da cui ossessionata è “Parlami di te”, l’unico inedito del disco. Questo pezzo è di Paolo Arata, un maestro che ha lavorato tutta la vita al Teatro La Scala come pianista.

Tempo fa mi chiese di lavorare per lui e tra i pezzi da cantare c’era “Parlami di Te”; durante le registrazioni in sala lui si arrabbiava perché diceva che non la stavo cantando a tempo. Con molto sforzo, alla fine l’ho cantata come voleva lui, poi mi prese da parte e mi disse: “Sai perché io a questo brano ci tengo? Perché è dedicato alla mia prima moglie che è scomparsa prematuramente lasciandomi con mio figlio.”

Gli risposi che ci tenevo molto al brano “Parlami di te”, ancor di più conoscendo la sua storia, e che a noi interpreti capita di sentire un brano più di altri, di riuscire a cantarlo in una certa maniera; inoltre, arrivavo dal jazz non dal pop e il cambio del tempo per me era una cosa normale, diversamente dal pop.

Passarono gli anni e feci sentire il brano al Maestro Palumbo, spiegandogli che lo sentivo in maniera diversa e lui mi disse che mi capiva, perché anche lui la sentiva come me ed ecco che nacque il nuovo arrangiamento. Così ho chiamato Paolo Arata, gli ho fatto ascoltare il nuovo arrangiamento di “Parlami di te” ed è stato bellissimo perché si è emozionato e mi ha detto: “Sai Monica, ora capisco cosa volevi dirmi e io ti ho obbligata a fare quello che volevo io ma dovevo lasciarti libera!”

Le donne nel jazz: che differenze ci sono tra le artiste di oggi, compresa te, e quelle di ieri?

La differenza che c’è tra noi e loro è che abbiamo avuto una fortuna in più, la possibilità di ricevere ancora più contaminazioni nel genere grazie anche a internet, al fatto che gli artisti si spostano e alcune barriere sono ulteriormente cadute.

Il jazz ha subito ulteriori contaminazioni a livello di generi e questo ci dà la possibilità di esprimerci ancora di più: ho interpretato dei grandi classici, però con arrangiamenti che li possono arricchire e nulla mi vietava di collaborare con musicisti di altri paesi che avrebbero apportato la loro cultura all’interno dei brani.

Inoltre, a livello numerico siamo di più – anche se prima c’era un’attenzione forse maggiore sui talenti del jazz – e c’è molta più proposta e dobbiamo lavorare di più per emergere.

Un paradosso: tanti artisti, ma pochi locali disposti ad organizzare live

Non vorrei essere polemica, però la realtà è questa: ci sono tantissime jazziste italiane e di una bravura impressionante, con tanti anni di studio e preparazione alle spalle.

Ci sono pochi locali che hanno un pianoforte alto mezza coda, dove un pianista può esprimersi in maniera totale, perché sulla tastiera per quanto tu sia bravo non è mai come quando si suona al pianoforte.

Una città come Milano che dovrebbe essere tra quelle che dà più possibilità ha pochi locali col pianoforte, è un controsenso; tutti vogliono fare l’happy hour, aperitivo, con il jazz in sottofondo, ma non danno ai musicisti la possibilità di esprimersi bene.

Non lo so, ci sono delle cose strane che faccio un po’ fatica a capire, in generale s’investe anche poco nella cultura e vedo che il problema non è solo per il jazz ma po’ per tutti, quindi è il periodo storico che ci impedisce di avere più possibilità.

Per fortuna, a Milano ci sono eventi importanti dedicati alla musica jazz come JazzMI.

 Assolutamente! Queste manifestazioni che si svolgono una volta l’anno danno più attenzione agli artisti e forniscono sia location che strumenti musicali adeguati. Però una volta all’anno è forse un po’ poco, anche per il fatto di poter dare la possibilità a tutti di esibirsi.

Ma sono ottimista! Anche perché la musica è gioia, è vita e le cose belle poi succedono.

Per ora non sono previsti dei live, ma in che contesto porteresti questo album? Quale ambiente ti sembra più adeguato, per esempio il locale o il teatro? Dove ti piacerebbe portare questo album?

 Ovunque! E sai perché? Perché può essere inserito sia nelle rassegne di jazz perché gli arrangiamenti sono fatti da un grande Maestro del jazz – che propone un prodotto artisticamente valido – che nei locali perché Frank Sinatra piace, è riconosciuto, attira anche la curiosità di persone che pensano di non essere adatte ad ascoltare jazz.

Per esempio, nel concerto del lancio del disco a Gallarate le persone che erano al concerto mi hanno avvicinato dicendomi: “È stato stupendo perché io pensavo di non poter ascoltare jazz, invece stasera ho passato due ore bellissime!”.

Ho chiesto il perché e mi hanno risposto che lo trovavano un po’ complicato, non riuscivano a capirlo e si sentivano inadeguati.

Ho spiegato che effettivamente nel jazz ci sono brani meno melodici e più complessi, ma non sono tutti così e Frank Sinatra non lo è; per questo può arrivare al cuore di tutti, anche se non sono abituati ad ascoltare il genere. Ecco perché lo porterei ovunque.

C’è stato un brano che non siete riusciti ad inserire in questo album e che avresti voluto?

Sì c’è e il giorno delle registrazioni ho pianto perché avevamo deciso di inserire “Over and over”, un brano che poco conosciuto di Frank Sinatra, ma suonandolo abbiamo capito che non stavamo ottenendo il risultato che volevamo.

Così abbiamo deciso di non inserirlo perché il livello non era degli altri brani, non riuscivamo a trovare l’incastro giusto, ci abbiamo provato per circa mezz’ora tutti e quattro insieme, ma non c’è stato modo, ed io ho accettato questa cosa a malincuore.

Può essere l’occasione per fare una seconda parte di questo album.

 Magari, può essere! Nella mia testa c’è questo desiderio e nella mia visione delle c’è già una seconda parte.

Come te la Immagini?

 La seconda parte di questo disco? Ovviamente, sempre su Frank Sinatra, con tanti brani, tra cui quelli che abbiamo dovuto mettere da parte perché altrimenti le tracce diventavano troppe.

D’altra parte, dovevamo fare una scelta e questa è la decisione finale nel bene o nel male: gli altri saranno nel prossimo disco!

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