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‘Ragazzi di vita’ a teatro: un affresco viscerale che lascia il segno. Recensione

Ragazzi di vita teatro recensione
Ph Achille Le Pera

Articolo aggiornato ad ottobre 2019. Recensione realizzata dopo averlo visto al Piccolo Teatro di Milano nel gennaio 2019.

“Io non ho alle mie spalle nessuna autorevolezza: se non quella che mi proviene paradossalmente dal non averla o dal non averla voluta; dall’essermi messo in condizione di non avere niente da perdere, e quindi di non essere fedele a nessun patto che non sia quello con il lettore”. Scriveva così Pier Paolo Pasolini nel 1990 in ‘Scritti corsari’. Queste parole ritornano in mente assistendo al suo Ragazzi di vita (pubblicato nel 1955) in teatro (drammaturgia di Emanuele Trevi) per la regia di Massimo Popolizio. L’onestà intellettuale dell’autore rivive fortemente in questo adattamento per la scena.

“Faceva un caldo, che non era scirocco, che non era arsura, ma era soltanto caldo. Era come una mano de colore”, esordisce il narratore (reso magistralmente da Lino Guanciale). Di parola in parola (col caratterizzante romanesco pasoliniano) tutto comincia a visualizzarsi, anche se alle spalle vi è “soltanto” un telo bianco, pronto a colorarsi a sua volta dei colori autentici della Roma degli anni ’50, vista attraverso gli occhi di Pasolini.

L’alto livello artistico di questa produzione (Teatro di Roma) fa sì che il mix tra il parlare ora in prima ora in terza persona metta in atto una recitazione straniata, ma che non crea distanza con la platea di turno. Anzi. È come se le parole del testo pasoliniano diventassero immagini vive e tangibili nei corpi, negli sguardi e nei silenzi.

“Centinaia de migliaia de vite umane brulicavano nei loro lotti” ci racconta il narratore, facendosi all’occorrenza servo di scena (nell’accezione più alta del termine), apparecchiando la situazione al prossimo episodio, ora scegliendo di mettersi da parte, ora facendo emergere anche l’io poetico (toccanti e intensi i versi del Belli). In questo Ragazzi di vita ogni storia lascia il segno, passando in pochi minuti dal dramma alla pura leggerezza, il tutto con un ritmo ben sostenuto. Un ulteriore elemento a favore va riconosciuto nelle canzoni dal vivo inserite nella partitura, che portano con sé spensieratezza e all’occorrenza una nostalgia viscerale (basti pensare a ‘Malinconia di rondine’ di Claudio Villa).

Se allo spettatore arriva prepotentemente la coralità dell’opera (è un’impresa riuscire a trasmettere lo spirito di un romanzo di circa 300 pagine), merito va dato a ogni interprete e alla raffinata regia di Popolizio, che da attore di lungo corso, ha grande consapevolezza della parola sul palcoscenico e di come l’attore ne diventi un veicolo. In tal senso è doveroso citare tutta la compagnia oltre a Guanciale: spiccano Lorenzo Grilli (Riccetto), Alberto Onofrietti (tra i vari panni che veste, toccante in quelli di Genesio), Josafat Vagni (Agnolo) e con loro i bravi Sonia Barbadoro, Giampiero Cicciò, Verdiana Costanzo, Roberta Crivelli, Flavio Francucci, Francesco Giordano, Michele Lisi, Pietro Masotti, Paolo Minnielli, Alberto Onofrietti, Lorenzo Parrotto, Silvia Pernarella, Elena Polic Greco, Francesco Santagada, Stefano Scialanga e Andrea Volpetti.

In questo affresco un ruolo fondamentale è giocato dallo spazio (una scena vuota, con pochi e mirati elementi, a partire dalle colonne di cemento) e dall’uso (studiato) che ne vien fatto, giocando col proscenio e in profondità, calamitando l’attenzione dello spettatore senza che questi si senta pilotato. È come se quelle vite scorrano davanti a noi, ci si ritrova a partecipare alla loro esistenza, comprese le note più tragiche, inermi, sorridendo ed emozionandoci.
“I ragazzi di cui parla Pasolini sono persone che lottano con la quotidianità” – spiega Popolizio – “Una vitalità infelice la loro, e la cosa più commovente in quest’opera è proprio la mancanza di felicità. I ragazzi di vita sono un popolo selvaggio, una squadra, un gruppo, un branco di povere anime perdute ritratte nei dettagli del testo”.

Impossibile riassumere tutto ciò che avviene, sarebbe riduttivo e il consiglio è di viverlo in teatro. Al momento degli agli applausi, dopo tanta vitalità artistica e tante vite, non ci si può non commuovere nel vedere così tanti giovani e bravi attori (ben diciannove) – un’operazione che, di questi tempi, ha il sapore di quell’impegno sul campo trasmessoci da Pasolini.

Ragazzi di vita è stato insignito nel 2017 del Premio Ubu per la regia e al Premio Le Maschere del Teatro Italiano come miglior spettacolo e miglior regia.

 

Ragazzi di vita teatro 2019: le date

– Torino, Teatro Carignano – dal 29 gennaio al 10 febbraio 2019
– Genova, Teatro della Corte – dal 12 al 17 febbraio 2019
– Cesena, Teatro Bonci – dal 21 al 24 febbraio 2019
– Correggio (RE), Teatro Asioli – 25 e 26 febbraio 2019
– Ravenna, Teatro Alighieri – dal 28 febbraio al 3 marzo 2019
– Trento, Teatro Sociale – dal 7 al 10 marzo 2019
– Udine, Teatro Nuovo Giovanni da Udine – 12 e 13 marzo 2019
– Pordenone, Teatro Verdi – dal 15 al 17 marzo 2019
– Bologna, Arena del Sole – dal 21 al 24 marzo 2019
– Napoli, Teatro Bellini – dal 26 al 31 marzo 2019

– Roma, Teatro Argentina – dal 15 al 27 ottobre 2019

Riassumendo

Ragazzi di vita, fino al 27 gennaio 2019

Piccolo Teatro Strehler

DURATA: 105′

ORARI: giovedì e sabato h 19,30; venerdì h 20,30; domenica h 16

PREZZI: platea 33€; balconata 26€

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