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Steve Jobs, in teatro tra successo e lati oscuri

Il tormento e l'estasi di...Siamo abituati a guardare a lui come a uno dei personaggi più importanti del XXI secolo, una vera icona. Steve Jobs, il creatore di Apple deceduto nel 2011, colui che nell’immaginario collettivo incarna il perfetto esempio di self-made man, o meglio ancora di colui che ha saputo trasformare un’utopia in realtà, perseguendo quello che è diventata la ricetta del suo successo, così come lui l’ha spiegata nel celebre discorso agli allievi della Stanford University: Stay hungry, stay foolish.

Una figura straordinaria quella di Jobs, che bisogna essere disposti a vedere anche da altri punti di vista nello spettacolo teatrale al debutto il 23 gennaio e fino al 2 febbraio presso il Teatro Franco Parenti di Milano dal titolo Il tormento e l’estasi di Steve Jobs.

Il drammaturgo Mike Daisey ha voluto infatti proporre,  con un certo coraggio, anche i “lati oscuri” di Jobs o meglio  della sua Apple, evidenziandoli in un testo dinamico e acutamente critico. Un tipo di teatro che non ha mancato di suscitare reazioni polemiche, tanto che la  Apple ha dovuto fare delle precisazioni così come lo stesso Daisey.

Ora il progetto Il tormento e l’estasi di Steve Jobs esordisce in Italia con la traduzione e l’adattamento di Enrico Luttmann e la regia di Giampiero Solari, prodotto dal Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia.

Fulvio Falzarano il compito di farsi tramite delle riflessioni di Daisey, che intreccia la luminosa epopea di Jobs alla rivelazione del profilo taciuto del “prezzo” pagato per quella tecnologia che ha cambiato il mondo.

Daisey ripercorre entusiasta i traguardi di Jobs, ma va oltre.

«Steve è stato bravissimo – scrive Daisey– ci ha costretto ad aver bisogno di cose che non sospettavamo nemmeno di volere»: e così vai con i coloratissimi iPod, con gli iPhone, con la libertà assicurata dall’iPad… Libertà e purezza: l’attenzione al design e la tecnologia “alla portata di tutti” di Apple ci avevano forse illuso. Dietro il successo però c’è altro. L’assemblaggio dei nostri preziosi computer avviene a Shenzen, in fabbriche dove non esistono tutela né diritti degli operai, dove piccole mani di dodicenni puliscono i vetri degli iPhone con una sostanza tossica che li condannerà a un invalidante tremore… Fabbriche dove in nome del profitto 430.000 operai sono trattati da “ingranaggio umano” e dove il problema dei suicidi dei lavoratori si è affrontato installando reti sotto i capannoni. La Apple può ignorarlo?»

Per informazioni

02 5999206 – www.teatrofrancoparenti.it

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