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The Possession: la recensione dell’horror di Sam Raimi, nelle sale dal 25 ottobre

The Possession. Il male vive dentro di lei

Genere: horror
Regia: Ole Bornedal
Produzione: Sam Raimi, Robert Tappert, J.R. Young
Cast: Jeffrey Dean Morgan, Natasha Calis, Kyra Sedgwick, Madison Davenport, Grant Show, Matisyahu

Sale l’aspettativa per la nuova pellicola prodotta dal grande maestro dell’horror Sam Raimi, regista del cult del brivido La casa e fondatore nel 2002 della Ghost House Pictures (The Grudge, Boogeyman, The Messengers, 30 giorni al buio e Drag me to hell). Nelle sale italiane dal 25 ottobre, The Possession. Il male vive dentro di lei rischia però di lasciare delusi molti fan del genere.

Un mercatino domenicale di quartiere e una misteriosa scatoletta di legno dalle indecifrabili incisioni rappresentano l’inizio di un incubo per la famiglia Brenek. Em (Natasha Calis), secondogenita della coppia di neo-divorziati Clyde (Jeffrey Dean Morgan) e Stephanie (Kyra Sedgwick), inspiegabilmente attratta dal cofanetto, convince il padre ad acquistarglielo. Sempre più ossessionata dalla scatoletta, tanto da portarla con sé ovunque, Em comincia a comportarsi in modo sempre più oscuro e pericoloso. Perché il cofanetto non è un oggetto qualsiasi, ma la scatola di un Dibbuk, spirito maligno protagonista delle antiche leggende ebraiche, fino a quel momento intrappolato nel contenitore…

Protagonisti delle antiche storie del folklore ebraico – alcune risalgono anche all’era biblica – i Dibbuk sono spiriti maligni che sopravvivono solo unendosi agli esseri umani e insediandosi nella loro stessa carne. Per tenerli alla larga, i falegnami ebrei solevano realizzare archetti o scatole speciali, con lo scopo di intrappolarli all’interno. Una di queste scatole pare essere arrivata fino ai giorni nostri.

Ispirata a una storia vera, la trama abbandona un incipit promettente per cedere ai classici stereotipi del genere: oggetti misteriosi poco originali (scheletri vodoo, ciocche di capelli, specchi); insetti mostruosi, anche se in questo caso – lo ammettiamo – qualche brivido corre per la schiena (una curiosità: per realizzare una delle sequenze del film, sono state utilizzate ben 2mila falene vere, portate sul set allo stato di larve e fatte poi dischiudere in scena); demoni dall’aspetto non così insolito (tanto che il Dibbuk ricorda il Gollum della saga fantasy Il Signore degli Anelli); il classico esorcismo, immancabile atto finale di ogni episodio di possessione (interpretato dal non-attore Matisyahu, rapper e artista raggae di fede ebraica).

Un plot dalle atmosfere suggestive, che rimane tuttavia sospeso, senza portare a compimento tutto il suo “mostruoso” potenziale.

veronica.monaco@milanoweekend.it