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T2 Trainspotting: la nostra recensione e il trailer del sequel del cult anni ’90

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Cosa è accaduto a Mark, Simon, Spud e Begbie in questi 20 anni di assenza? T2 Trainspotting, l’ultimo film di Danny Boyle in uscita il 23 febbraio, rappresenta il tentativo di appagare l’inevitabile curiosità dello spettatore nei confronti dei quattro iconici protagonisti di una delle opere cult degli anni ’90.

Ispirata molto liberamente a Porno, il romanzo sequel di Irvine Welsh, la pellicola vede il ritorno di Mark Renton (Ewan McGregor) a Edimburgo due decadi dopo aver tradito i propri migliori amici ed essere fuggito con il bottino del loro colpo, nella speranza di cambiare vita e di tagliare tutti i legami con l’ambiente tossico nel quale era ormai sprofondato.

Gli anni sono passati, ma in realtà nulla è davvero cambiato. La periferia scozzese è ancora una landa desolata, una terra di nessuno in attesa perenne di essere riqualificata, mentre i compagni di Mark non sembrano mai aver superato la fase della tarda adolescenza, rinchiusi in esistenze dalle prospettive desolanti (secondo una gradazione progressiva: Simon si è dato ai ricatti a carattere pornografico insieme alla sua compagna Veronika, Spud è ancora un tossico tendente al suicidio e Begbie è finito in carcere).

Quello di Mark diventa allora un tuffo nel passato, una rimpatriata nostalgica motivata da un senso di colpa che vorrebbe mettere a tacere con una breve visita agli amici di sempre, sincerandosi delle loro condizioni per poi ripartire. Tuttavia le cesure nette non esistono, e il famoso discorso “Scegli la vita”, con cui da ragazzo aveva giustificato il proprio tradimento, ora diventa una parodia cinica e grottesca ad uso e consumo di una ragazza su cui si vuole fare colpo.

Il problema di fondo dell’operazione messa in piedi da Danny Boyle è proprio questo: inutile guardarsi indietro se non si è pronti ad accettare tutto ciò che è stato, preferendo invece selezionare solo ciò che ci fa più comodo. Con un gioco di citazioni visive e musicali (la colonna sonora in particolare è fastidiosamente onnipresente nella prima parte), il regista tenta di replicare lo stesso mood della fonte originaria, quella furia vitalistica che emergeva dalla degradazione più totale e un certo orgoglio nella disperazione e nell’abiezione.

Il trucco funziona solo in parte, con il risultato di un more of the same con qualche variazione sul tema, anche e soprattutto perché il tema della nostalgia e dell’incapacità di accettare il tempo trascorso non viene tematizzato a dovere (contribuiscono a ciò solo Spud e Veronika – le due cose migliori del film), perdendo così per strada l’occasione di fornire una rilettura critica di un’opera importante, sulla scorta dell’esperienza accumulata. Il risultato è un racconto pacificato e addomesticato, nonostante voglia far credere il contrario, non riuscendo ad ammetterlo.

Boyle forse ne è consapevole e, anche per un’adesione mimetica all’energia giovanile dimostrata in Trainspotting, agita a più non posso la macchina da presa quasi a voler dimostrare di non aver perso il suo smalto, come d’altro canto vorrebbero far intendere anche i protagonisti. Anche su questo versante si registra in fondo un’involuzione e una perdita di ambiguità e complessità rispetto all’originale, in cui certi elementi funzionavano perché lasciati indefiniti, sfumati, incerti. In T2 Trainspotting i personaggi sono delineati nettamente, vengono distribuite colpe e parti precise – il buono, il cattivo, il comico, il rivale –  ciò che era lasciato non detto, qui viene esplicitato e le nuvole del cielo plumbeo lasciano spazio a parchi assolati.

Il che non vuol dire che il film non sia in fondo divertente (la scena della canzone improvvisata durante la riunione dei revanscisti è da sbellicarsi) e avvincente, ma si respira l’aria di una chance mancata per uno dei delitti più gravi per un autore che voglia definirsi tale, ovvero dare al pubblico esattamente quello che si aspettava e nulla di più. L’effetto finale è quello di una riunione fra vecchi amici che si conclude nel racconto di vecchi aneddoti, i quali ripetuti vent’anni dopo riescono ancora a smuovere qualcosa, per quanto non sembrino così divertenti come una volta.

Il nostro voto: 6–

Una frase: «Prima c’è stata un’occasione… poi c’è stato un tradimento»

Per chi: vuole ricordare i bei tempi di una volta, quando si stava meglio anche se si stava peggio.

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