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Secondo nome: Huntington, alla Triennale la mostra di design sulla malattia rara

secondo nome huntington
Photo Angelo Becci

 


 


Ci sono mostre che vanno oltre l’arte, il design, la fotografia e riescono a entrare nella vita di tutti i giorni facendo vedere quelle cose che magari sono diffuse tra persone vicine a noi – ma che ignoriamo – come può essere una malattia rara.

Se vi chiedessimo “Conoscete l’Huntigton?” siamo certi che non sapreste di cosa stiamo parlando, così come è stato per chi vi scrive fino a che non è andato alla Triennale e ha visto l’esposizione dal titolo Secondo nome: Huntington, inaugurata il 29 giugno e che sarà visitabile gratuitamente fino al 30 luglio.

Un’esposizione che rappresenta l’ultima importante tappa di una serie di iniziative che, per oltre un anno, hanno coinvolto familiari, designer, biologi, ricercatori e fablab/makerspace milanesi, tutti chiamati a mettersi in gioco e fare rete per riflettere insieme sulla malattia con uno sguardo distante da tabù, stereotipi e pregiudizi che troppo spesso accompagnano l’Huntington.

Una malattia che, come “un secondo nome”, il destino attribuisce alla persona: un’eredità familiare che da quel momento l’accompagna, diventando parte integrante della sua identità

Informare e sensibilizzare su una malattia rara con il design

La mostra ha uno scopo informativo e di sensibilizzazione e ci riesce benissimo. Sia con le fotografie delle persone affette dalla malattia e dei loro parenti che, in particolare, con gli oggetti di design che fanno capire in modo pratico e immediato quanto cose che per noi sono scontate, per chi è malato di Huntington sono invece gesti difficili, complicati… ambiti.

Pensate all’aprire una fialetta, a mettere il tappo a una penna, al mangiare con le posate, all’andare in bagno e al muoversi: gesti che chi è affetto da questa patologia ereditaria degenerativa del Sistema Nervoso Centrale – colpisce di solito tra i 30 e i 50 anni – non può fare. La malattia, che è caratterizzata da movimenti involontari patologici, gravi alterazioni del comportamento e un progressivo deterioramento cognitivo, stravolge infatti le abitudini quotidiane e l’autonomia impedendo appunto anche i gesti più elementari.

secondo nome huttington

Ecco perché il design può dare un enorme contributo immaginando prodotti pensati sì per i malati ma utilizzabili da tutti riuscendo in questo modo anche a “democratizzare” la malattia.

In particolare ci hanno colpito gli oggetti con maniglie creati da Claudio Larcher che appunto è partito dall’idea che molte delle cose che abbiamo in casa e che fanno arredamento, sono spesso poco funzionali. Invece, appendendo una maniglia a un quadro, a una lampada si può trasformare qualsiasi complemento in un oggetto importante e di aiuto. La malattia, infatti, non è un fatto individuale: riguarda il singolo ma diviene tanto rapidamente quanto naturalmente una questione familiare. I pensieri, le aspettative, i sogni di ognuno ne sono inevitabilmente coinvolti, assorbiti, interrogati senza scelta, così come lo spazio, il tempo, la casa. Ecco perché l’arredamento e il design sono particolarmente importanti.

Quanto alla malattia di Huntington, dal nome del suo scopritore, medico coreano, in Italia si stima che esistano 150.000 persone colpite direttamente o indirettamente dall’Huntington. Al momento non esiste cura.

La mostra è articolata in due sezioni: una dedicata ai progetti dei vincitori del concorso under 35 “…ma così è la vita! Junior design contest”, l’altra ai progetti di designer – tra cui Alessandro Guerriero, Lorenza Branzi e Nicoletta Morozzi, Lorenzo Damiani e Brian Sironi – chiamati a confrontarsi con la gestualità istintiva deimalati e con la loro forza quotidiana, raccontate in diversi scenari domestici.

Come dice il curatore Davide Crippa: “Sono storie di vita quotidiana, frammenti di routine familiari che svelano equilibri sospesi tra il coraggio e la paura del presente, che ci raccontano gesti ordinari, ma talvolta insormontabili; sono problemi da osservare con delicatezza, un mondo di disabilità che si ribella alla dimenticanza, codici della normalità da rimettere in discussione; sono attimi, paure, nudità sfuggenti; sono tentativi di autonomia e rivendicazioni di gioia; sono storie di cura e di amore, di perdite e di conquiste, di paure e di sollievi. Sono progetti come ‘racconti fragili’ composti per dare forma a un manifesto del progetto debole, un manifesto per la Malattia di Huntington”.

La mostra è organizzata da Triennale Design Museum, AICH Milano Onlus e Huntington Onlus.

RIASSUMENDO

Secondo nome: Huntington
Dal 30 giugno al 30 luglio 2017
Triennale di Milano
Ingresso libero
Per ulteriori informazioni: Mission Continuity, mc@aichmilano.it

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