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Rezophonic: “Vorremmo suonare per l’Expo”. Intervista a Mario Riso

mario riso rezophonic milano weekend

mario riso rezophonic milano weekend“Mi piacerebbe che qualcuno si accorgesse che noi siamo il contenuto migliore per Expo 2015. Lasciando perdere chi ha combinato porcherie fino a oggi. Rezophonic parla di acqua, spreco, pianeta. All’Expo mancano grandi contenuti, noi potremmo farlo in modo divertente, facendo capire che tutti possiamo fare qualcosa di positivo”.

È la proposta che lancia parlando a Milano Weekend Mario Riso, noto batterista e fondatore nel 2006 del super progetto benefico-musicale Rezophonic, il cui terzo disco è appena uscito, lanciato dal video “Dalla a me… io non la spreco” (qui sotto) al quale hanno partecipato Diego Abatantuono, Pippo Baudo, Alessandro Borghese, Caparezza, Fabio Caressa, Claudio Cecchetto, Giobbe Covatta, Ilaria D’Amico, Nino Frassica, Marco Materazzi, Ringo, Nicola Savino, Cristina Scabbia, Rocco Siffredi e Javier Zanetti.

Le strofe sono interpretate da Daniele “Danti” Lazzarin dei Two Fingerz (autore del brano assieme a Mario), KG Man, Jake La Furia (Club Dogo), Piotta e Shade. In otto anni, decine di artisti tra i più noti della musica italiana hanno contribuito e sono stati raccolti quasi 500mila euro (costruire un pozzo d’acqua in Africa costa circa 3.000 euro). I Rezophonic suoneranno dal vivo a Como il 31 maggio (ore 19 alla libreria Feltrinelli e ore 22 in Piazza Cavour) per poi proseguire con altre date italiane.

“Con l’Expo avremo gli occhi del mondo addosso. In un convegno a Spoleto, mi sono ritrovato sullo stesso palco del direttore della Banca Mondiale, che ha fortemente apprezzato il progetto” aggiunge il musicista. “Io non avrei cancellato l’Expo, ma chi lo ha gestito così. Il buon senso deve prevalere in ogni ambito” afferma Riso. “Il fatto che Rezophonic non abbia ancora avuto il giusto risalto è dovuto al non esserci schierati con nessuno. Vogliamo diventare una nazionale del rock, da consegnare alle nuove generazioni”.

Quali sono i risultati di cui vai più fiero?

“Dal 2006 a oggi tre album, centinaia di concerti e decine di videoclip: grazie a tutto questo abbiamo costruito 158 pozzi d’acqua, 15 cisterne e tre scuole supportando Amref e Icio Onlus. Icio De Romidis, consigliere di Amref, mi ha fatto conoscere l’africa. Sono stato lì più volte con la nazionale artisti Tv e stelle dello sport, ho vissuto la dignità di chi non ha nulla e appena riceve qualcosa è pronto a condividerla.  Un episodio da ricordare: sono stato ospite di un villaggio Masai, dove ho conosciuto la sete: per resistere queste persone sono costrette a incidere il collo alle mucche, ma poi le suturano subito, perché rispettano molto gli animali”.

C’è un luogo in cui sogni di portare Rezophonic?

“Mi piacerebbe un posto in cui aspettano solo noi. Il problema non è fare parte di qualcosa per riempirsi la bocca, abbiamo già fatto eventi da milioni di persone, ma il pubblico era lì per l’evento in sè. Sono molto legato al mondo americano, New York o Los Angeles. Sarebbe fantastico farlo in Africa con i Masai, dove non c’è neanche la corrente. Amref potrebbe realizzarlo”.

Quale pubblico ti ha emozionato di più?

Voglio ringraziare i Negramaro: quando uscì il primo disco mi portarono sul palco e la risposta del pubblico di Lecce fu entusiasmante. Per la prima volta mi si è seccata la gola parlandone. Stessa sensazione anche al Forum di Assago, ero ospite anche lì nel 2006.

Dopo il video, farete qualcos’altro con Zanetti? Come vedi i Mondiali?

Abbiamo giocato a calcio nella Partita del Cuore. Quanto il capitano chiama, io rispondo. Vorrei contribuire alla sua Fondazione Pupi, io sono argentino da parte di padre. Sui Mondiali: l’Italia, a parte i soliti vecchi, stavolta non fa sognare più di tanto. L’Argentina spesso si perde sul più bello. In generale, nel calcio sono un disilluso. Se devo fare il tifo, lo faccio per i calciatori dell’Inter.

Come sei entrato in contatto con lo spreco, tema del nuovo album?

È un’evoluzione del messaggio di Rezophonic. Il primo disco era frutto della mia esperienza alle falde del Kilimangiaro. Ho capito che era il caso di parlare a 360 gradi, perché l’acqua viene razionalizzata anche nell’Italia nel Sud. A fine concerto dico sempre che se non hai la fortuna di poter aiutare gli altri donando tempo e soldi, almeno puoi stare attento a come ti comporti. Nella canzone tocco diversi temi in modo spiritoso: grazie alla ‘violenza’ nella recitazione, ad esempio, Abatantuono ha preso un Oscar; Caressa dice ‘una vittoria da gridare’. Di solito non sono parole positive, ma diventano arte, liberazione. Lo spreco, invece, non è mai salvabile, è una parola stupida: ci condiziona al punto da privarci della nostra libertà, lavoriamo tantissimo e facciamo sacrifici per nulla.

Dove sogni di portare questo progetto?

“C’è un piano che ci sta portando a uscire dall’Italia, non a caso fino al 31 maggio saremo a Mosca in una sorta di Mondiale per nazioni di artisti. Il mio obiettivo è fare un disco internazionale, con tutte le canzoni dei tre album in inglese. Raccontare al mondo un progetto umanitario che non si limita a parlare per pulirsi la coscienza”.

Tu sei monzese, come ti trovi a vivere a Sesto?

“Da cittadino del mondo, ho ricreato questa visione nel luogo in cui mi trovo, con uno studio di registrazione e l’intimità giusta: a Sesto San Giovanni ho il mio fortino di Asterix. Non mi preoccupa non avere la vista sull’oceano, ma amo e rispetto la natura: detesto il degrado, sono il classico cittadino attivo, non a caso capitano di un progetto umanitario che si occupa di portare acqua e raccontare storie”.