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Cucina, amicizia e sindrome di Asperger in Quanto basta con Vinicio Marchioni e Luigi Fedele

Quanto basta recensione

“Il mondo ha più bisogno di un perfetto spaghetto al pomodoro che di un branzino al cioccolato”. Ci piace partire da questa frase nel parlarvi di Quanto basta perché racchiude non solo la filosofia di Arturo (un Vinicio Marchioni che, ancora una volta, dimostra poliedricità in base ai generi e agli uomini a cui dà vita), ma è sintomatica della semplicità (nell’accezione più positiva del termine) che caratterizza questo film, ricordandoci quanto ci sia bisogno di riscoprirla.

“Arturo è uno chef talentuoso, finito dentro per rissa, deve scontare la pena ai servizi sociali tenendo un corso di cucina in un centro per ragazzi autistici dove lavora Anna (Valeria Solarino). Guido ha la sindrome di Asperger (Luigi Fedele) e una grande passione per la cucina” (dalla sinossi ufficiale). L’incontro tra i due è una vera e propria full immersion in se stessi e alla scoperta dell’altro. I doni naturali di uno – basti pensare a come Guido (che prende vita sullo schermo grazie alla prova credibilissima di un giovane interprete, già apprezzato in ‘Piuma‘) riconosca sapori e odori anche a occhi chiusi – riescono a scalfire la corazza costruito dall’altro e viceversa.

“Arturo tratta Guido senza filtri, senza pietismo e in modo istintivo, alla pari, talvolta sbagliando. Ma di fronte alla “neurodiversità”, che non è inferiorità, del ragazzo, Arturo tende a poco a poco a mutare il proprio comportamento e a ridefinirsi come persona. Del resto la sindrome di Asperger che caratterizza Guido ha un interessante aspetto metaforico e universale: alcune delle criticità che la caratterizzano, come la difficoltà (non l’impossibilità) ad entrare in empatia con gli altri, e la fatica nel capire le convenzioni sociali e le regole non scritte, sono comuni ai due protagonisti e a tutti i “neurotipici”, i non appartenenti allo spettro autistico”, ha raccontato il regista Francesco Falaschi, il quale già in ‘Emma sono io‘ aveva reso protagonista una donna affetta da ipomania (un disturbo dell’umore) da cui può scaturire aggressività.

Solo qualche mese, con la dark comedy ‘Brutti e cattivi‘ di Cosimo Gomez si assisteva a quanto anche i disabili potessero essere senza scrupoli pur di riuscire a sopravvivere. Potremmo dire che il nostro Arturo non ha alcun pelo sulla lingua nel rapportarsi con Guido e questa era la giusta cifra per poter affrontare in una commedia/viaggio on the road un grave disturbo dello sviluppo che, spesso e volentieri, viene frainteso anche dai genitori stessi (basti pensare a ciò che Guido riferisce di suo padre) e tratteggiata con cliché. Il ragazzo, dal canto suo, fa comprendere all’uomo come si possa sempre scegliere quale sia la strada da intraprendere.

In Quanto basta la cucina diventa una metafora della scoperta, quest’arte che tanto stimola tutti i sensi, riesce a far lasciare andare sia Arturo che Guido (non mancano le frecciate riferite alla nostra contemporaneità in cui alcuni chef stanno più sotto i riflettori che in cucina). Per onestà, va detto che la sceneggiatura (curata da un artista come Ugo Chiti, insieme allo stesso Falaschi, Filippo Bologna e Federico Sperindei) rivela una certa ingenuità in alcune evoluzioni drammaturgiche, con qualche piega del racconto che si rivela prevedibile, ma, ci piace pensare che ciò sia dovuto alla genuinità di intenti e, al contempo, è innegabile come si abbia anche voglia di assistere a una storia che possa far credere a una seconda chance.

Quando si esce dalla sala, ci si porta con sé una carica energetica, merito di questi personaggi – in particolare dei protagonisti – (e degli attori che li incarnano) così profondamente veri in paure, fragilità, contraddizioni e aspirazioni. Completano il cast Mirko Frezza, Gianfranco Gallo, Alessandro Haber, Benedetta Porcaroli. In sala dal 5 aprile.

Una frase

Le definizioni lasciano il tempo che trovano

Voto

6,5

Quanto basta: il trailer ufficiale

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