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Le Otto Montagne: Borghi e Marinelli in un viaggio alla scoperta di sé

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Da bambini basta poco per accendere un’amicizia: le corse nei prati, i bagni nel lago, i segreti sussurrati in mezzo all’erba alta. Nasce così il legame tra i mondi opposti a cui appartengono Pietro e Bruno, protagonisti del film Le Otto Montagne, tratto dal romanzo di Paolo Cognetti, premio Strega nel 2017, al cinema dal 22 dicembre 2022.

La regia delicata di Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch accompagna lo spettatore nel racconto di due vite, quella di Pietro (Luca Marinelli) e di Bruno (Alessandro Borghi), un ragazzo della Torino borghese che cerca il suo posto nel mondo e un uomo di montagna, radicato alla sua terra d’origine come un larice, ostinato a restare al suo posto nonostante tutto. Due vite che si intrecciano e si allontanano, all’ombra quieta delle Alpi valdostane.

Il tempo della leggerezza e il tempo della gravità

Mio padre diceva che al tempo della leggerezza ne segue uno più cupo, il tempo della gravità“, così racconta la voce narrante di Pietro, un bambino curioso che ogni estate sale sulle montagne sopra Torino, dove ritrova Bruno, il suo compagno di giochi, unico bambino rimasto in un paese che si sta inesorabilmente svuotando.

I due sembrano inseparabili, finché non si mettono in mezzo le forti differenze sociali e il tempo della leggerezza scompare: Pietro è benestante, suo padre, interpretato da un ottimo Filippo Timi, è un ingegnere che ama le escursioni e trova nella montagna uno sfogo alla vita della fabbrica, Bruno la montagna la vive con le mucche al pascolo e la dura quotidianità del casaro.

Passano gli anni e le distanze sembrano sempre più incolmabili, finché a Pietro non giunge la notizia della morte del padre, con il quale aveva troncato ogni rapporto. Prima di andarsene, l’uomo aveva comprato una proprietà malandata sul crinale di una delle sue amate montagne. Da quell’ammasso di pietre riprende un legame spezzato anni prima, con Bruno diventato ormai un uomo, cresciuto insieme a quell’ingegnere gentile, tanto incompreso da suo figlio.

Il legame tra Pietro e Bruno si rinsalda man mano che la casa torna a prendere forma, trasformandosi sotto gli occhi dello spettatore in una di quelle amicizie tanto rare quanto preziose, in cui anche il silenzio è parola, anche lo sguardo è confessione.

Secondo la tradizione nepalese il mondo è composto da un’altissima montagna, il Sumeru, circondata da otto mari e otto montagne. Chi ha imparato di più, chi ha scalato tutte le otto montagne o chi osserva dalla vetta del Sumeru? Se Pietro cerca la sua realizzazione girando il mondo, Bruno si ancora con forza sempre maggiore alla sua vita di casaro, tra alpeggio e conti che fanno fatica a quadrare. Se Pietro ha perso ogni legame con suo padre, Bruno ha trovato in lui qualcuno con cui condividere l’immenso amore e rispetto per la montagna. Nessuno dei due pretende di avere le risposte, creando quell’equilibro che rende possibile l’amicizia tra persone tanto diverse.

Regia e cast esaltano Le Otto Montagne

La regia di Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch si serve della montagna come elemento narrativo, grazie a campi lunghissimi, inquadrature fisse e dettagli che raccontano le stagioni, gli elementi della natura (anche se Bruno non la chiamerebbe mai così) e la bellezza crudele delle cime.

A dare forza al tutto ci pensa il formato 4:3, che predilige l’altezza temibile della montagna al rilassante distendersi dei pascoli e dei laghetti gelidi. La fotografia di Ruben Impens esalta i materiali, la ruvidezza delle pietre e il buio degli interni, in contrasto con il cielo accecante dell’inverno alpino. La luce disegna e modella i volti dei due attori, vero motore della pellicola.

Luca Marinelli e Alessandro Borghi, di nuovo insieme dopo Non essere cattivo (2015), definiscono i protagonisti con maestria, regalandoci interpretazioni profondamente diverse, ma entrambe efficaci. Borghi si fa pesante, nella voce e nella fisicità, quasi come un animale selvatico adattato alla vita tra gli uomini. Al contrario, Marinelli mantiene la sua tipica signorilità e leggerezza nei gesti, persino quando si tratta di riparare un tetto o comandare i muli.

La storia si tratteggia rispettando i tempi della montagna, peccando forse nella durata eccessiva, ma donando allo spettatore quella quiete e quella pace che tutti anelano, ma che pochissimi hanno il coraggio di perseguire. Le Otto Montagne è un film che lascia sensazioni reali sulla pelle, dal freddo della neve e del vento al tepore del sole estivo sui pascoli. Un film che parla della scoperta di sé stessi e delle proprie radici; quel posto a cui torniamo dopo aver cercato invano risposte sulle cime delle otto montagne del mondo.