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‘La monaca di Monza’: Malosti lascia il segno con una magnetica messa in scena. Recensione

La monaca di Monza Malosti
Ph Noemi Ardesi

La monaca di Monza per la regia di Valter Malosti è un pugno nello stomaco emotivo per lo spettatore. “Se i nostri corpi han diritto a una resurrezione che altro può essere se non questa”… è una delle prime battute che ascoltiamo da Marianna De Leyva (incarnata da Federica Fracassi, che definire magistrale è dire poco). Pensando al luogo “sacro” in cui vengono proferite, il teatro, e post visione, verrebbe da affermare che “resurrezione” migliore questo testo di Giovanni Testori non poteva averla.

“Il verbo si è fatto carne, tu lo sai, Dio di materia e di sangue che ci guardi in questa notte di sortilegi e paure; ma adesso la carne che si alza dallo strame dei cimiteri per farsi terra, chiamare in giudizio te, i tuoi disegni, la tua stessa natura”. Sono parole di provocazione, che subito indicano allo spettatore lo stato emotivo inquieto in primis di una donna – e poi religiosa – lacerata nel profondo e dalla forte personalità. Il tappeto sonoro – curato dallo stesso Malosti con il fonico Fabio Cinicola –, sin dai primi istanti, ci rivela la provenienza (gli inferi) e al contempo suggerisce l’idea di un sangue che ribolle all’interno di un corpo che rivive in scena.

L’autore milanese rifugge dall’idea di una lingua artefatta che si adoperava in teatro, inventandone letteralmente una nuova che pulsa e qui viene restituita perfettamente. “L’operazione drammaturgica e di regia è volta alla radicale scarnificazione del testo lasciando che l’andamento da feroce confessione, sviluppata in un dialogo apparente con l’inquisitore, porti alla nudità di una forma senza appello restituendone la più cruda verità: un monologo ossessivo e violentemente poetico, adatto a esprimere una condizione «germinale» del teatro come prova «religiosa», «immobile», «lacerante e senz’esiti», come ha scritto Barbara Zandrino, una interrogazione con furioso slancio eretico spinta fino alla blasfema chiamata in giudizio di Dio, per aver voluto così la creazione” (dalla nota ufficiale).

la monaca di Monza Malosti
Ph Noemi Ardesi

“Di me, tutto il sangue e tutte le ossa bacate dagli anni, e pur vive e lucenti, vibrano di quella febbre che voi tutte avete cercato di spegnere e che, invece, si è accesa più forte. L’anima mia brucia ancora” e il pubblico avverte tutto ciò che diventa indescrivibile, quasi indicibile, per la potenza che acquista sulle tavole del palcoscenico. Dalla cella-tomba Marianna De Leyva si toglie il velo e lancia il proprio grido. La platea rivive la sua storia di peccato, grazie anche all’importante intervento di Gian Paolo Osio (reso possente e a suo modo violento e sibillino da Vincenzo Giordano. “Ti penso come un gigante disperato, asserisce la monaca di Monza) e di un’altra donna che ora evoca la madre della monaca (a cui dice: “sono la tua colpa, il tuo niente, il tuo rifiuto”), ora la novizia Caterina (la brava Giulia Mazzarino). Raramente queste anime (“dannate”) fuoriescono dai rispettivi loculi per incontrarsi, sfiorarsi, cogliere l’altro alle spalle. Il più delle volte sono ingabbiate in un destino che non ha fatto sconti. La regia di Malosti (il cui adattamento del testo testoriano ha puntato su tre voci) pone al centro la parola, con tutti i suoni e i significati che la connotano, vivisezionandola e rilanciandola come frecciate a chi la riceve – noi – facendoci provare come pelle d’oca quel “l’inferno è qui”. È come se ogni carne che ridiventa parola sia un colpo per scalfire la barriera trasparente che separa simbolicamente il loro mondo dal nostro.

Questa messa in scena così magnetica de La monaca di Monza (produzione Teatro Franco Parenti / TPE – Teatro Piemonte Europa / Centro Teatrale Bresciano / Teatro di Dioniso con il sostegno di Associazione Giovanni Testori), che in alcuni momenti rievoca luci e ombre caravaggesche e alcune posture (in particolare quando sono in tre e i due amanti compiono un atto), merita lunga vita anche in tournée e di finire in repertorio.

 

Progetto Testori Teatro Franco Parenti

Dopo La monaca di Monza, Andrée Ruth Shammah propone ‘I Promessi sposi alla prova’ dal 19 marzo al 7 aprile (in questo caso troveremo Laura Marinoni a dar vita a un’altra monaca di Monza); mentre Lino Guanciale darà voce alle poesie di Testori (18 marzo).

Gli incontri al Café Rouge

– 21 marzo, h 18,30
SALVATORE NATOLI: ‘L’animo degli offesi e il contagio del male’
Salvatore Natoli rilegge I Promessi sposi in chiave etica, concentrandosi sul tema del male, dal sopruso inizialmente inflitto a Renzo e Lucia fino alla sollevazione delle folle nella rivolta di Milano, dal dilagare della peste al tenebroso interludio della Monaca di Monza, e individua la presenza di un «potere costrittivo» capace di «rendere la vittima colpevole mettendola nelle occasioni per esserlo»: una privazione della libertà che predispone alla malvagità, tanto da esserne la causa. Da questa «zona grigia si esce solamente attendendosi al precetto fondamentale della morale manzoniana «fare quello che è da fare», che è adesione alla realtà e, nello stesso tempo, volontà di trasformarla.

PREZZI: ingresso TFP cortesia 3,50€

– 28 marzo, h 18,30
ERMANNO PACCAGNINI: ‘Manzoni e Testori: prospettive sulla lingua’
C’è come una sorta di braccio di ferro tra Testori e Manzoni. Un continuo processo insieme attrattivo e distrattivo. Attrattivo per certi temi, ambientazioni e richiami (si tratti del Seicento, dei Promessi Sposi o dei singoli personaggi) fatti propri in una passionale reinvenzione. Distrattivo proprio in questa reinvenzione, che viene a poggiare su un linguaggio che, contrariamente alla intervenuta cosiddetta “normalizzazione” manzoniana, si fa via via sempre più sperimentalmente scarnificante; salvo una straziata ricomposizione, che par quasi riandare ai momenti più alti e intensi della Storia della colonna infame.

PREZZI: ingresso TFP cortesia 3,50 €

– 4 aprile, h 18,30
MAURO NOVELLI: ‘Gli sposi promessi e ripromessi. Parodie e riscritture del Novecento’. Era inevitabile. Visto il successo del romanzo e la sua centralità nella pratica scolastica, non sorprende che parecchi scrittori italiani abbiano lavorato sul canovaccio de I Promessi sposi, ora per rendere omaggio alla storia di Renzo e Lucia, ora per dissacrarla. C’è chi ha proposto ingegnose continuazioni della vicenda, chi si è divertito a elaborare spassose parodie, chi – come Giovanni Testori – ha rimesso alla prova il capolavoro di Manzoni, smontandolo e rimontandolo per il teatro con inesausta passione.

PREZZI: ingresso TFP cortesia 3,50€

Riassumendo

La monaca di Monza, dal 12 febbraio al 3 marzo 2019

Teatro Franco Parenti

DURATA: circa 90′

ORARI: martedì h 20,30; mercoledì h 19,15; giovedì h 20; venerdì h 20,30; sabato h 21; domenica h 15,45

PREZZI:
-Platea intero 23,50€ + prev.; ridotto over65 e under26 15€ + prev.; convenzioni* 18€ + prev.
– Galleria intero 18€; ridotto over65 e under26 15€ + prev.
* le convenzioni sono valide per platea e galleria, e per tutti i giorni, esclusi venerdì e sabato.

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