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Caravaggio – l’Anima e il Sangue: recensione dell’affascinante documentario sul noto artista

Caravaggio - l'Anima e il Sangue recensione

Una luce (con l’effetto torcia) inizia a illuminare, pian piano, la frutta sulla canestra di frutta. Poco dopo ci appare un’altra immagine notissima di Caravaggio, la testa di Medusa. Questo inizio di Caravaggio – l’Anima e il Sangue (in sala 19, 20, 21 febbraio con Nexo Digital) è già una dichiarazione di intenti in quanto il documentario riesce (merito anche della tecnica 8k 7680×4320 pixel) a far letteralmente entrare lo spettatore nella “carne” delle opere che questo artista ci ha donato. Ogni volta che ci si avvicina sembra quasi di sfiorarle, cogliendo la pennellata sicuramente ancor più di quando ci si trova di fronte al quadro.

Su una pedana rotante, in un luogo che richiama un manicomio dismesso, vi è un letto dove l’attore Emanuele Marigliano (unica pecca è che richiama poco fisicamente il pittore – torna in mente Alessio Boni nel film di Angelo Longoni -, ma probabilmente, in questo caso, non è stata volutamente ricercata la verosimiglianza) dà corpo ai moti d’animo di Caravaggio. Tocca, invece, a Manuel Agnelli dargli voce esordendo così: “non ho mai pensato alla libertà prima di averla persa”. Queste parole si stagliano in voice over su immagini che richiamano elementi topici di questo artista (immancabili le luci e le ombre) e fortemente simbolici, dalla farfalla che vuole spiccare il volo all’uccello in gabbia.

Jesus Garces Lambert, che ne firma la regia, ha curato importanti documentari anche per National Geographic e Artè Francia-Germania, e sa come poter affascinare il pubblico e al contempo guidarlo alla scoperta del soggetto del film. Il bello di Caravaggio – l’Anima e il Sangue è che riesce, da un lato a essere istruttivo senza (s)cadere nel didascalico; dall’altro a emozionare con le scene di Marigliano e l’io interiore (spesso tormentato) reso fuori campo da Agnelli. “La digressione artistica, con il racconto dei luoghi e delle opere dell’artista, è stata affidata alla consulenza scientifica e agli interventi del Prof. Claudio Strinati, storico dell’arte ed esperto di Caravaggio, e con la partecipazione della Prof.ssa Mina Gregori (Presidente della Fondazione di Studi di Storia dell’Arte Roberto Longhi) e della Dott.ssa Rossella Vodret (curatrice della mostra ‘Dentro Caravaggio’ a Palazzo Reale di Milano)” (dalla nota ufficiale).

Ci si ritrova ad andar a spasso tra i documenti – dall’Archivio Storico Diocesano di Milano (dov’è conservato l’atto di battesimo datato 29 settembre 1571 che ricolloca i natali del maestro nella città meneghina anziché a Caravaggio) all’Archivio di Stato di Roma, ripercorrendo le tappe che lo stesso Caravaggio compì (Milano, Firenze, Roma, Napoli, la Sicilia, Malta), toccando in un certo senso con mano le evoluzioni nella tecnica pittorica e la sensibilità, senza dimenticare le contraddizioni umane insite nel suo animo. Interessante anche la scelta di attingere ad altre fonti come i verbali del Processo Baglione, da cui emergono sia il contesto storico-culturale dell’epoca sia come il Merisi concepisse la pittura e il ruolo del pittore.

Dopo aver assistito a questo film, si nutre il desiderio di andare a rivedere o a osservare per la prima volta Caravaggio e sicuramente sembra di conoscere di più un uomo e un artista che continuerà, forse, a esser inafferrabile e ineguagliabile proprio per la sua capacità unica di rendere con la pennellata ciò che siamo.

Caravaggio – l’Anima e il Sangue: l’esclusiva

Il film compie un’operazione senza precedenti, grazie alla preziosa collaborazione con Vatican Media (già Centro Televisivo Vaticano), l’Arciconfraternita Vaticana di Sant’Anna dei Parafrenieri e la Fabbrica di San Pietro. Attraverso evolute tecniche digitali, il film effettua il riposizionamento virtuale dell’opera rifiutata ‘La Madonna dei Parafrenieri’ nella sede a cui era originariamente destinata, ovvero l’attuale Altare di San Michele Arcangelo nella Basilica di San Pietro, proprio di fianco al Baldacchino del Bernini.

L’opera fu commissionata a Caravaggio il 31 ottobre del 1605 dalla Confraternita dei Parafrenieri di Sant’Anna da cui deriva il nome originale del dipinto (che è poi stato tramandato con il nome attualmente noto di ‘Madonna dei Palafrenieri’ ed è oggi custodito alla Galleria Borghese) per rendere omaggio alla loro Patrona all’interno dell’Altare dedicato alla Santa, nella Basilica di San Pietro. Nella grande tela, di quasi tre metri di altezza per due di larghezza, Caravaggio rappresenta la Vergine con Cristo bambino e Sant’Anna impegnati in una lotta contro il serpente, simbolo del male.

La giovane madre è inondata dalla luce, protagonista assoluta dell’azione, con le fattezze di Maddalena Antognetti, descritta in molte cronache come Lena donna di Michelangelo, cortigiana e concubina del Caravaggio, mentre alla Santa Patrona della Confraternita è affidato un ruolo da comprimaria, avvolta dall’oscurità e raffigurata come una donna anziana e fragile” (dalla nota ufficiale).

Voto

7,5

Una frase

Mi nutro di realtà e non conosco niente al di fuori della realtà

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