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Salumi DOP Piacentini: storia, consigli e curiosità [reportage]

salumi DOP piacentini

Tre secoli fa, casse di legno con salumi coperti di cenere lasciavano Piacenza alla volta della corte di Spagna. Oggi è l’unica provincia europea con ben tre salumi DOP (salame, pancetta e coppa). Ogni anno i consorziati DOP producono circa 1 milione e mezzo di salami, mezzo milione di coppe e circa 200mila pancette. 

E nel capoluogo emiliano tutto testimonia l’antica tradizione locale della norcineria: dal mosaico “agricolo” nella Basilica di San Savino ai numerori reperti (come lo stampo in bronzo con la scrofa) nei Musei civici di Palazzo Farnese. Fino al Collegio Alberoni (in cui ammirare anche l’Ecce Homo di Antonello da Messina) fondato proprio dal cardinale piacentino Giulio, che nel Settecento – con la sua abilità politica, favorita da quei gustosi doni che viaggiavano fino alla corte borbonica – divenne primo ministro favorito di Spagna.

Attualmente, il disciplinare del salame DOP piacentino ammette l’allevamento dei suini sia in Emilia-Romagna che in Lombardia, ma entro il 2026 saranno tutti allevati in provincia di Piacenza, che al momento è comunque l’unico territorio in cui è permesso elaborare il prodotto (non oltre i 900 metri di altitudine). 

Come si producono i salumi: i segreti del maestro

“Il clima è cambiato. L’inverno era andato bene, ma in estate abbiamo dovuto fare molta attenzione, con oltre 40 gradi. Bisogna sapersi adeguare – racconta Antonio Grossetti, presidente del Consorzio Salumi DOP Piacentini e titolare dello storico salumificio a Strà di Nibbiano: la sua famiglia ha iniziato nel 1875 – quando ero bambino si produceva da novembre a febbraio, noi avevamo tre salumerie e un’osteria e si faceva tutto a mano, attività che richiede conoscenza e talento”. 

Grossetti non distribuisce nella GDO e molta gente affolla la bottega in Val Tidone. Scopriamo altri piccoli segreti produttivi e differenze con il passato: “Oggi le macchine massaggiatrici ci aiutano a far penetrare correttamente le spezie al centro del prodotto. E gli impianti riproducono il clima adatto: in campagna usavamo le stufe e asciugavamo i salami nei solai. Il calo di peso del salume deve essere omogeneo – spiega Grossetti – alla fine sarà un 35-40%, fino al 45% per la coppa. La muffa è fondamentale per la buona riuscita, ma deve essere bianca: diffidate da quelle verde scuro, quasi nere”.

L’età del bronzo e la storia antica del maiale

Palazzo Farnese, grazie anche alla Collezione Poggi, custodisce reperti che mostrano come le prime informazioni storiche sugli insaccati risalgano a ben prima dei Romani. Nella pianura Padana, all’epoca ancora molto boschiva, è certa l’importanza del maiale fin dall’età del ferro: a Bersano (Besenzone, a est di Piacenza) si trovava un insediamento di palafitte ed è nota la valenza apotropaica (oggi si direbbe: scaramantica) del suino come simbolo di abbondanza, di cui sopravvive qualche traccia in certe usanze piacentine. 

Ma non solo: in Austria, ad esempio, si regala un maialino a Capodanno. A Forcello, nel mantovano, furono trovati 50.000 resti di ossa di maiali, risalenti al V secolo a. C. Il salame fu un prodotto tipico dei Galli: Plino Il Vecchio scrisse che inondavano di salumi il mercato dell’impero. Di grande interesse, scorrendo le eleganti sale dei musei piacentini, la sezione dedicata al “fegato etrusco”, rituale divinatorio e propiziatorio allora in uso.

Scopriamo quindi che la parola “pecunia” ha origine proprio dalla pecora: gli animali rappresentavano una grande ricchezza, esattamente come il sale con cui si conservava la carne (ed era letteralmente “moneta”) dando origine proprio alla storia dei salumi.

Dalla Basilica ai rapporti con Parma e la Sicilia

Il lardaiolo (specializzato nella lavorazione del maiale) è raffigurato nel mosaico della cripta, così come gli altri mestieri rappresentano il fluire del tempo. Curioso sapere come nella Piacenza medievale questa figura fosse distinta da quella del beccaio, che si occupava dei bovini, racconta l’architetto Manrico Bissi che si è specializzato nelle visite guidate dei monumenti piacentini. All’epoca, inoltre, la produzione doveva essere certificata da un notaio, un po’ come oggi con il Consorzio dei Salumi DOP

Scopriamo anche che era già in atto una sorta di rivalità del salume con Parma, anche perché nel Medioevo era cruciale il controllo di Salsomaggiore Terme per via delle bolle di acqua salata, risorsa indispensabile per la produzione dei salumi. Con la Sicilia invece c’era un legame, al punto che oggi si produce ancora il formaggio Piacentino di Enna (provincia che ospitò i Lombardi o Gallo-Italici di Sicilia). 

Oggi per fortuna le filiere produttive sono in un certo senso “gemellate”, ad esempio il siero della lavorazione del Parmigiano Reggiano è un ottimo complemento alimentare per l’allevamento dei suini.

Salumi nel Settecento: Alberoni e la regina piacentina

Giulio Alberoni, figlio di un ortolano piacentino, assurgerà al potere borbonico prima ancora di diventare cardinale, grazie a una storia notevole in cui salumi (e formaggi) sono protagonisti. Riuscì a guadagnarsi la stima di un importante generale francese: da lì approdò alla corte del Re Sole (Luigi XIV di Francia) dove divenne talmente influente da riuscire a proporre come regina di Spagna “una ragazza di butirro (burro) e formaggio” ovvero la piacentina Elisabetta Farnese

Dieci curiosità e consigli per (ri)conoscere i salumi

  1. La “grana grossa” del grasso nel salame è un buon indizio, perché (nel capo opposo) più piccolo è il grasso e meno possiamo essere certi che sia solo grasso e non tessuto connettivo
  2. La coppa piacentina ha un 3,5% di sale, ma ci sono altre spezie e uno dei “segreti” del sapore è la presenza dell’alloro (oltre ai chiodi di garofano e alla noce moscata)
  3. Il primo Consorzio risale al 1971
  4. Il disciplinare indica come obbligatorio il territorio della provincia di Piacenza per via del clima ideale nelle cantine per un’ottima stagionatura
  5. Se si scioglie in bocca è stato correttamente prodotto e stagionato, altrimenti si dice che è stato “accelerato” 
  6. I suini devono pesare più o meno il 10% rispetto a 160kg
  7. Era tradizione per gli agricoltori o allevatori far colazione con una pancetta di 24 mesi e un bicchiere di vino bianco
  8. Oggi i salami si tengono a stagionare 45 giorni minimo, ma in campagna si tenevano 8-9 mesi
  9. Le percentuali di grasso sono variabili 10-30% e di conseguenza il 90-70% è carne magra
  10.  Prima dell’inserimento nel budello naturale, si utilizza un infuso di aglio e vino bianco