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Locanda alla Mano, laboratorio di inclusione

Paolo Crespi 3 settimane fa
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Tanti amici – tra cui l’attore Cochi Ponzoni e il musicista Luca Garlaschelli – e una bella atmosfera, a dispetto della pioggia, ieri pomeriggio al Parco Sempione, per celebrare la storia e la resilienza di Locanda alla Mano, il progetto di impresa sociale nato oltre dieci anni fa per realizzare un sogno: offrire un lavoro dignitoso e retribuito ai giovani con sindrome di Down in un luogo bello anche esteticamente, perfettamente integrato nella realtà quotidiana del centro di Milano, a due passi dal Castello Sforzesco. Un laboratorio di normalità dove “la disabilità è la premessa del progetto, non il suo fulcro”.

Qualche dato e un po’ di storia

Inaugurata nel 2013 in una bellissima struttura ad hoc firmata dall’architetto e designer Italo Rota (scomparso prematuramente pochi giorni fa e salutato ieri con un lungo applauso), la Locanda, espressione della cooperativa sociale Contè, è un punto di ristoro aperto a tutti, che offre a prezzi popolari un servizio di tavola fredda e pasticceria, dalle 7 alle 21, tutti i giorni da marzo a dicembre, meteo permettendo. Ma è anche un frequentatissimo luogo di intrattenimento per adulti e bambini sovente animato da musica (in 10 anni sono stati realizzati oltre 250 concerti, tipicamente musica classica la domenica mattina, rock o jazz la sera, spesso in collaborazione con l’associazione Musica nell’Aria) ed eventi di vario tipo, condivisi con le associazioni che lavorano sul parco, ospitate gratuitamente quando non hanno una propria sede.

Un caso esemplare

Inserimento lavorativo, autonomia e inclusione dei giovani con sindrome di Down sono le parole chiave di una realtà pionieristica, che è stata fonte di ispirazione per iniziative nate successivamente, tra cui PizzAut, il progetto di inserimento lavorativo dei ragazzi autistici che considera Locanda alla Mano il suo “fratello maggiore”.

Complessivamente, in dieci anni, hanno lavorato qui, su tre turni, una sessantina di disabili affiancati da alcuni normodotati. Attualmente ci sono sei assunti a tempo indeterminato (Martina, la più anziana nell’esperienza, è in squadra da 10 anni) più 2-3 tirocinanti e alcuni studenti in alternanza scuola-lavoro. Non avendo scopo di lucro, dopo l’investimento iniziale sostenuto da Repower, azienda del settore energetico, ha puntato da subito all’autosostentamento e al pareggio di bilancio, obiettivo sempre raggiunto a parte l’anno del Covid. Il loro “utile” viene tradotto nell’inserimento in organico, quando possibile, di un ragazzo in più, mentre Repower, grazie al volontariato dei suoi dipendenti, continua a dare un contributo sotto forma di consulenze pro bono (dallo studio grafico all’ufficio legale, dall’ufficio paghe alla comunicazione).

L’orgoglio di un lavoro vero

Ieri, in un clima di festa, intorno a Carlo Giuggioli, gestore della Locanda, e ai suoi fantastici ragazzi, si sono strette e hanno preso la parola alcune delle personalità che più si sono spese, negli anni, per ideare, lanciare e far vivere un’esperienza innovativa, pensata inizialmente come un progetto a termine. A partire da Fabio Bocchiola, ad di Repower, che ha ricordato come l’idea sia nata dal desiderio di rendere felici e orgogliosi del proprio lavoro ragazzi come Martina (che oggi è una cameriera provetta, mentre nella sua precedente vita lavorativa poteva solo “piazzare centrini di cartone sotto le torte in una pasticceria”), costretti a svolgere mansioni marginali, poco o per nulla gratificanti, spesso nemmeno retribuite. Felicità e orgoglio che nel mondo della disabilità non sono affatto scontati. «Pensavamo a un progetto dimostrativo di sei mesi, siamo qui da dieci anni grazie a un’alleanza esemplare tra pubblico e privato. E oggi abbiamo la responsabilità di stabilizzare questa realtà necessaria, che ha saputo creare tante connessioni, superando anche la logica dei permessi e delle concessioni pluriennali».

Per Lamberto Bertolé, assessore al Welfare e alla Salute del Comune di Milano, «mentre sul tema della disabilità si è costruito tanto a livello di diritto all’istruzione, dopo la fine della scuola c’è praticamente il vuoto ed è difficile riuscire a costruire percorsi lavorativi e progetti di vita adeguati. Per questo è fondamentale che esperienze pilota come Locanda alla Mano non restino casi isolati ma siano messe a sistema e diffuse nella città».

Un percorso da rafforzare

«La programmazione della Locanda è un prezioso presidio di cultura e sarà un elemento importante del nuovo Sempione District che stiamo mettendo in cantiere con il supporto dell’amministrazione locale» aggiunge Stefania Bonacorsi, consigliere del Municipio 1.

«Siamo con loro dall’inizio e molti dei nostri ragazzi hanno prestato la loro opera qui. È una grande storia di alleanza che ha reso possibili, per la prima volta, le promesse inclusive della società civile e della politica. Qui il sogno di cambiare attitudini e comportamenti, abbattendo i pregiudizi, ha trovato un terreno fertile che dobbiamo continuare a coltivare» testimonia Martina Fuga, presidente AGPD – Associazione genitori persone Down.

È infine il turno di Pierfrancesco Majorino, oggi in consiglio di Regione Lombardia, ma all’epoca assessore alle Politiche sociali del Comune, il “primo citofono di Palazzo Marino” suonato da Bocchiola per presentare undici anni fa la sua iniziativa. «Locanda alla Mano, laboratorio di differenze e incontri, è un grande contributo alla vita sociale di Milano. Rappresenta una storia positiva di riscatto che oggi rivendica la sua unicità, ma anche una gemma che tutta la città deve saper difendere».