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I Rockets si raccontano: “I giovani musicisti non devono scimmiottare nessuno”

rockets wonderland
Foto di Irma Ciccarelli

Anticipato dal singolo Kids From Mars (disponibile anche nella versione 45 giri), i Rockets presantano al pubblico un nuovo progetto discografico dal nome “Wonderland”.

«Il brano lancia un semplice messaggio: “Siamo i bambini venuti da Marte per portare la pace sulla Terra” – spiega Fabrice Quagliotti leader della band –  Un messaggio sicuramente semplice ma con un forte significato. Il colore predominante del nuovo album non a caso è il violetto. Migliaia di anni fa, il nostro pianeta aveva un aspetto violaceo dovuto all’esistenza di batteri e microorganismi acidi che intervenivano sul processo della fotosintesi clorofilliana, facendo assumere alla vegetazione una pigmentazione viola. Era un pianeta puro e sano. Sogno un pianeta così ripulito. I bambini saranno la salvezza del pianeta, almeno è così che vediamo le cose. Il futuro è qui: diamo spazio e fiducia ai bambini».

Attualmente il gruppo è composto da Fabrice Quagliotti (tastiere/vocoder), John Biancale (voce),Rosaire Riccobono (basso), Gianluca Martino (chitarra) e Eugenio Mori (batteria).

La nostra intervista ai Rockets

C’è una critica costruttiva che vorreste esprimere su questo album?

Fabrice Quagliotti: “È un disco perfetto”

Gianluca Martino: Secondo me, ha lo stesso pregio o difetto dei nostri album precedenti cioè quello di essere una commistione di più generi: non è solo un album rock, né dance, né tecno e neanche pop.

Questo, apparentemente, potrebbe risultare un difetto, ma per quello che è il nostro modo di vedere e lo stile che seguiamo, risulta un punto di forza.

Qual è stato il percorso di questo album? Qual è il brano che ha dato inizio a questo progetto?

Fabrice Quagliotti: A dar il via a tutto è stato il brano Wonderland: ero a casa e canticchiavo continuamente questa parola nella mia testa, poi è arrivato Gianluca e ha scritto il testo.

Così è nata l’idea del concept album in cui i bambini sono il punto di partenza: loro sono visti come dei futuri salvatori del mondo rendendolo perfetto come nel nostro e nel loro immaginario.

Gianluca Martino: Inoltre, c’è anche una ricerca di suono, stiamo cercando di andare al passo coi tempi sperimentando qualcosa di nuovo. Quindi, abbiamo fatto anche degli azzardi come quello di utilizzare delle chitarre acustiche e classiche in brani rock e pop, mescolandole a strumenti etnici.

Quindi, rispetto a tutto il lavoro discografico che è stato fatto in precedenza, quale sarebbe la novità assoluta che una persona può ritrovare in questo album?

Gianluca Martino: Sicuramente la parte che verrà cantata dai bambini: abbiamo questi cori che sono carichi di emozione, speranza e buon umore.

Fabrice Quagliotti: Il disco non si rivolge ad un determinato pubblico, ma a tutti, anche ai più giovani perché ci possono ritrovare sonorità simili a quelle dei Linkin Park, degli Evanescence, per esempio, ma strumentati in puro stile Rockets. Quindi anche il pubblico storico si ritroverà in questo ultimo album. Si ritroveranno tutti.

Cosa sperate per le future generazioni di musicisti?

Gianluca Martino: Mi piacerebbe un futuro in cui ci fosse uno Stato, delle Istituzioni che abbiano voglia di spendere, di investire nella cultura sin dalle scuole elementari: educare i bambini al gusto del bello, della musica, dell’arte, della poesia perché queste cose nobilitano la nostra vita.

Siete stati uno dei gruppi che ha continuato un po’ quello che era il filone musicale dell’epoca, l’innovazione artistica portata avanti da artisti come David Bowie. Oggi, c’è un gruppo o un artista che sta continuando a portare avanti quel tipo di percorso?  

Fabrice Quagliotti: Amo moltissimo gli Imagine Dragons che nascono come gruppo rock e durante i live suonano (con strumenti) ogni brano ed è una cosa che apprezzo moltissimo. I ragazzi di oggi non sono stupidi, anzi, però vogliono tutto e subito, senza sforzo.

I giovani suonano e anche bene, però devo evolversi, andare avanti con lo studio, non fermarsi ai soliti quattro accordi e, soprattutto, non devono scimmiottare qualcuno.

Anche i talent: sono trasmissioni in cui quello che conta è insultare l’altro (perché non si ha niente da dire), sono solo karaoke. Se vuoi fare un programma come si deve, bisogna prendere questi ragazzi e far presentare le loro musiche, le loro canzoni e solo in base a quelle che puoi “giudicare”.

Ci vuole veramente poco per cambiare, basta investire seriamente sui giovani facendoli fiorire, far sentire quello che hanno da dire, solo che siamo nelle grinfie dei media, delle radio che non ti permettono, non ti consentono di cambiare. Wonderland riguarda anche questo inquinamento visivo e auditivo.

Gianluca Martino: Questi talent vengono fondati solo sull’interpretazione e non vengono considerati gli altri aspetti che formano un artista, come la parte creativa, la composizione, il proprio stile.

Bob Dylan non era esattamente un grande cantante, però era un personaggio che artisticamente ha avuto qualcosa da dire, Prince aveva il suo stile interpretazione, Michel Jackson, David Bowie, tutti i grandi hanno uno stile.

Fabrice Quagliotti: Un aspetto molto grave dei talent è questo: prendi un ragazzo, sconosciutissimo, lo butti all’interno di una trasmissione televisiva vista da milioni di persone ed è subito un gran successo, ma cosa succede dopo? Dopo un mese, diventa di nuovo uno sconosciuto e gli distruggi l’anima, veramente, ed è bruttissimo.

Se doveste iniziare oggi, come vi muovereste?

Gianluca Martino: Sarei molto preoccupato se iniziassi oggi. Se fossi un ventenne cercherei di andare fuori dall’Italia per proporre la mia musica perché c’è molto più rispetto, attenzione, amore per l’artista.

Per esempio, anche l’artista “di strada” qui è considerato uno “straccione”, mentre all’estero no, ha la stessa dignità e importanza degli altri. Purtroppo, dico questa cosa a malincuore perché sono italiano.

Che differenza c’è tra un gruppo di ventenni negli anni 80 e uno di oggi?

Fabrice Quagliotti: Prima, all’interno del gruppo ognuno aveva il proprio ruolo: il chitarrista, il cantante, il batterista, il bassista. C’erano più persone, più mani, mentre oggi bastano due persone, se non una per produrre tutto con il solo aiuto della tecnologia.

Gianluca Martino: I mezzi: oggi la tecnologia fornisce strumenti utili, in più c’è la smania di avere tutto e subito e questo non porta i ragazzi a “faticare” per ottenere un buon risultato.

Inoltre, per il momento del live ci sono moltissimi aiuti a livello tecnologico come le basi, i campionamenti, mentre in un concerto del 1977 si suonava tutto dal vivo, tutto.

C’è un abuso della tecnologia persino per la voce e questo lo trovo molto poco sportivo: quando le persone ascoltano un disco si aspettano di sentire le stesse cose nei live, sia per i suoni che per l’intonazione dell’artista.

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