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Quando meno te l’aspetti, la recensione del nuovo film di Agnes Jaoui

Atmosfere oniriche alla “Legend” di Ridley Scott, citazioni fiabesche che spaziano da “Cenerentola” in un’insolita versione maschile, “Cappuccetto Rosso”, “La bella addormentata”, “Pelle d’asino”, animano il nuovo ed eccezionale film di Agnès Jaoui, “Quando meno te lo aspetti” in uscita nelle sale il 6 giugno.

Laura (Agathe Bonitzer) è una giovane ragazza che crede ancora al principe azzurro, una principessa che ad una festa scorge la sua dolce metà Sandro (Arthur Dupont). Per Laura è un segno del destino: i due, come nel mondo delle favole, si abbandonano all’estasi dell’amore, ma ben presto la protagonista nel suo cammino, come Cappuccetto Rosso che si addentra per il bosco, incontra il secondo uomo, Maxime ( Benjamin Biolay) il lupo cattivo che incarna il male, colui che getta la giovane nel dubbio sentimentale.

Il mondo di Agnès Jaoui è allegorico, fantastico, giocoso, ma sotto questa sobrietà si nasconde l’inquietudine del vivere, la disperata ricerca della favola, a differenza della realtà che di fiabesco e perfetto ha ben poco: “Le favole descrivono le paure degli adulti” e in una società come quella moderna è umano sognare. Inquinamento, disoccupazione, irrompono dalla tv accesa, non resta altro che rifugiarsi nelle favole, anche per sfuggire alla tremenda vecchiaia.

Come fa la madre di Laura, la strega cattiva, che non si arrende al passare del tempo, contempla il suo viso “sfatto” di botox riflesso nel fatidico “specchio delle brame”, la zia della giovane, quella fata buona sua confidente che con la bacchetta vorrebbe sistemare i destini delle persone, per poi in segreto provare anch’essa paure e blocchi esistenziali, il padre, il Re, minacciato nel suo regno. Infine la giovane Laura, la Bella addormentata, che viene destata nel sonno, non dal bacio del principe, ma brutalmente dal lupo cattivo Maxime, perché, si sa,  le favole non appartengono al mondo reale.

Il film della Jaoui è pervaso  da un  umorismo sottile, incarnato dall’irresistibile Pierre (Jean–Pierre Bacri) padre di Sandro, la nota stridente, colui che si distacca dalla dimensione meravigliosa,  il suo mondo è  disincantato, un personaggio che riporta tutto su un piano decisamente realistico, dedito a smontare pezzo per pezzo le illusioni di coloro che lo circondano con battute serrate, sarcastiche e fulminanti.

Ma fino ad un certo punto, perché a turbare la sua pace è Irma una pseudo veggente, l’altra strega, che Pierre rincontra ai funerali del padre, la quale tempo prima aveva pronosticato la data della sua morte. L’uomo cede alla superstizione e cade vittima dell’angoscia, con effetti negativi sulla vita relazionale. Un esilarante anti-Geppetto che dimostra poca inclinazione alle manifestazioni d’affetto e alle cure verso un figlio bisognoso, ma che, nonostante tutto,  è in grado di riscattarsi.

Fra boschi fatati, angoli di città monumentali, feste e pub, luoghi così diversi, ciò che più colpisce del film  non è solo l’originale tocco favolistico, ma anche tali cambi di registro con effetti visivi molto forti, permettendo di passare dalla fiaba alla realtà, dalla felicità alla tristezza, così come il ruolo della musica che si sostituisce alle parole, quasi ad evocare, a tratti, la magia del cinema muto.

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