Che il ritorno alle tradizioni rurali stia diventando un “must” nella commedia nostrana lo si era già visto con alcune pellicole dal retrogusto ruspante e dalle sceneggiature alquanto ravvisabili come: La nostra terra di Manfredonia o l’ultimo film di Genovese: Sei mai stata sulla luna?
Ora tocca a Edoardo Leo (classe ’72), alla sua terza regia con il film Noi e la Giulia, cimentarsi con il mondo rustico: attraverso la trasposizione cinematografica del libro di Fabio Bartolomei Giulia 1300 e altri miracoli. Diego (Luca Argentero), Fausto (Edoardo Leo), Claudio (Stefano Fresi), sono tre disgraziati e insoddisfatti quarantenni che, lasciata la città, si ritrovano involontariamente a dover condividere un progetto di fuga in comune, ovvero il fatidico “piano B” che se a “vent’anni era il chiringuito sulla spiaggia, a quaranta, quasi sempre si tratta di un agriturismo”.
Così, presi armi e bagagli, decidono di ristrutturare un vecchio casale in un luogo imprecisato della penisola, per trasformarlo in una vera attività turistica, ai tre si aggiungerà il rude cinquantenne comunista Sergio (Claudio Amendola) e una giovane donna incinta, la spostata Elisa (Anna Foglietta). Tutti loro in comune hanno la necessità di dare un senso alle proprie esistenze e una speranza di rivalsa per la loro condizione di falliti.
A mettere i bastoni fra le ruote ai protagonisti ci penserà Vito (Carlo Buccirosso) improbabile camorrista che a bordo della sua sgangherata Giulia, con autoradio a tutto volume, piomba nella proprietà del gruppetto. Vito è giunto per intimare alla congrega di pagare il pizzo, un incontro dai risvolti alquanto strampalati perché i neo-ristoratori non intendono abbassare la testa, portando la vicenda a toni del tutto surreali.
Noi e la Giulia è una commedia stralunata e molto divertente che per temi e impronta stilistica eredita dalla riuscitissima pellicola Smetto quando voglio di Sibilia la crisi della Generazione X, molto spesso vinta dal senso di insoddisfazione e inadeguatezza. Una crisi che porta un manipolo di personaggi a cercare l’alternativa, anche la più stravagante. Non c’è da stupirsi se questi soggetti funzionino, poiché supportati dalla originalità e dall’occhio critico di registi che hanno imparato bene la lezione dai loro grandi predecessori come Monicelli e Risi.
La diversità è tutta qui: una buona ed estrosa sceneggiatura, che seppur non abbia raggiunto le vette dell’“antesignano” Sibilia, ha convinto. In una escalation di situazioni bislacche, che si traducono in una lotta alla strenua resistenza verso il sopruso, Leo confeziona un film stilisticamente sofisticato e intrigante, amalgamando accenni ad inquadrature da “spaghetti western”, al taglio più contemporaneo dei fratelli Coen.
A conferma di tutto ciò ci sono gli attori: ritorna la riuscitissima coppia Leo-Fresi, istrionici e farseschi, un Amendola stravagante, un Argentero che riesce ad esprimere appieno il suo occhialuto impiegato piemontese e infine un camorrista, sui generis, come Buccirosso strepitante come l’autoradio della sua Giulia. Noi e la Giulia, si riappropria del suo significato più profondo quando Leo, seppur inciampando sul canonico monologo di chiusura, decide per un finale aperto, come a dire : adesso caro spettatore pensaci tu!
Voto per noi: 8