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Nella casa recensione: Ozon spia le vite degli altri

Valentina Fumo 11 anni fa

“L’ultimo banco è il posto migliore: tu vedi tutti e nessuno ti vede”: all’ultimo banco della 2^C del liceo sperimentale “Gustave Flaubert”, nella massa di alunni resa indistinta dalla reintroduzione della divisa, siede Claude (Ernst Umhauer), un ragazzo dal fascino inquietante e con una difficile situazione familiare alle spalle.

Tra sedicenni annoiati senza ambizioni né talento, Claude si distingue agli occhi del professore di letteratura Germain (Fabrice Luchini) per i suoi temi: l’uomo, autore di un libro mediocre, decide così di aiutare Claude a coltivare il talento per la scrittura che lui non ha mai posseduto.

Con uno sconcerto che via via si trasforma in interesse quasi voyeuristico, Germain scopre che tutti i componimenti di Claude hanno per oggetto la famiglia del compagno Rapha: insinuatosi nella casa dell’amico con la scusa di impartirgli ripetizioni di matematica, Claude ne studia le abitudini normali e borghesi finendo per invaghirsi della madre del compagno, Esther, “la donna più annoiata del mondo” interpretata da una Emmanuelle Seigner molto lontana dai ruoli sensuali e aggressivi cui ci ha abituati da Luna di fiele a La nona porta.

I temi di Claude entrano nella vita di Germain e della moglie Jeanne, la gallerista d’arte contemporanea interpretata da Kristin Scott Thomas, fino a quando realtà e finzione letteraria si confondono e non è più possibile per lo spettatore distinguerle.

Professore e alunno intrecciano così un rapporto sempre più stretto che, ai limiti dell’illegalità, scatenerà una serie di eventi incontrollabili.

La pellicola, nelle sale dal 18 aprile, contiene temi attualissimi, dalla voglia di spiare le vite degli altri per non guardare alla propria, alla derisione dell’arte contemporanea, alla critica sociale: con Nella casa, tratto dalla piéce spagnola Il ragazzo dell’ultimo banco di Juan Mayorga, Franҫois Ozon raccoglie la sfida di rendere appassionante la normalità, rinunciando a colpi di scena hollywoodiani. Il tentativo di giocare sui cliché senza sconfinare in eccessi, inibisce però le potenzialità del film la cui trama, così come la caratterizzazione dei personaggi, stenta a decollare non riuscendo pienamente ad appassionare lo spettatore.

Se la solitudine e il senso di esclusione pervadono tutto il film, godibilissimi momenti di comicità si devono ai dialoghi brillanti fra Luchini e Scott Thomas, coppia che in Dans la Maison tanto richiama Woody Allen e Diane Keaton, anche grazie all’improvvisazione del primo che ha ammesso di essersi ispirato alle stoccate di Johnny Hallyday variando il copione in alcune scene.

Ottima la prova del giovane Umhauer che, nell’interpretare Claude oscillando fra innocenza e capacità di manipolare il prossimo, incute timore e insieme tenerezza.

 

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