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Favino, Mastandrea, Papaleo e Rubini sono i Moschettieri del Re: la recensione del film

Moschettieri del re recensione

Solitamente attendiamo il periodo natalizio per rilassarci e divertirci. Moschettieri del Re – la penultima missione di Giovanni Veronesi può fare al caso vostro per una piacevole uscita al cinema con amici e/o parenti.

Moschettieri del Re: la sinossi e il cast del film

D’Artagnan (Pierfrancesco Favino), Porthos (Valerio Mastandrea), Athos (Rocco Papaleo), Aramis (Sergio Rubini). Oggi sono un allevatore di bestiame con un improbabile accento francese, un castellano lussurioso, un frate indebitato e un locandiere ubriacone, che per amor patrio saranno di nuovo moschettieri. Cinici, disillusi e sempre abilissimi con spade e moschetti, saranno richiamati all’avventura dalla Regina Anna (Margherita Buy) per salvare la Francia dalle trame ordite a corte dal perfido Cardinale Mazzarino (Alessandro Haber), con la sua cospiratrice Milady (Giulia Bevilacqua).
Affiancati nelle loro gesta dall’inscalfibile Servo muto (Lele Vannoli) e da un’esuberante Ancella (Matilde Gioli), i quattro – in sella a destrieri più o meno fedeli – combatteranno per la libertà dei perseguitati Ugonotti e per la salvezza del giovanissimo, parruccato e dissoluto Luigi XIV (Marco Todisco). Muovendosi al confine tra realtà e fantasia, i nostri si spingeranno fino a Suppergiù, provando a portare a termine un’altra incredibile missione. Difficile dire se sarà l’ultima o la penultima.

Moschettieri del Re: trailer

Moschettieri del Re: recensione

Tanti sono gli adattamenti cinematografici e televisivi tratti dal noto romanzo di Dumas, a partire dal film muto di Mario Caserini, datato 1909, fino a ‘I tre moschettieri’ di Paul W. S. Anderson del 2011. Veronesi ha scelto di far indossare i panni dei servitori del re a quattro ottimi interpreti del cinema nostrano, cucendo addosso i rispettivi ruoli, sfruttando le origini geografiche (basti pensare alle battute in pugliese di Rubini o all’intercalare romano di Mastandrea) così come le peculiarità (ad esempio l’atteggiamento da menestrello di Athos-Papaleo).

“Mi è sempre piaciuta l’idea di raccontare i Moschettieri di Dumas come una sorta di supereoi del passato. Finalmente l’anno scorso ho trovato dei produttori di larghe vedute come i dirigenti di Indiana Production e di Vision, che mi hanno lasciato carta bianca per girare esattamente quello che volevo e come volevo”, ha dichiarato il regista. I Moschettieri del Re mostra i protagonisti acciaccati, in una condizione di ripiego rispetto alla vita gloriosa in cui li si immaginerebbe. “Il film è ispirato al secondo romanzo di Dumas sui Moschettieri intitolato ‘Venti anni dopo’ ma non ha l’ambizione di esserne una trasposizione fedele, la vera protagonista del nostro film è la fantasia, come si scoprirà alla fine con un colpo di scena”, ha continuato a spiegare Veronesi.

Siamo nel 1650 o suppergiù. Tocca a D’Artagnan (un fantastico Favino, che ha studiato una parlata ad hoc, con un francese tutto suo – influenzato da spagnolo e italiano – e sgrammaticato) riunire i reduci su incarico di Anna d’Austria (la brava Buy) per arrestare la strage degli Ugonotti. Si può dire che l’interrogativo che più sprona ogni moschettiere a lasciare il torpore in cui è caduto è: “ti piace la vita che fai?”. C’è una malinconia di fondo che serpeggia in ciascuno. “Alla mia età è quasi nullità sperare nel futuro”, ascoltiamo a un tratto.
Ognuno dei quattro porta una propria comicità (genuina) che ben si sposa e amalgama con l’altro, giocando con il linguaggio, equivoci e situazioni buffe. Dietro a un tono leggero, però, non mancano dei sottotesti connessi alla religione e al concetto di patria così come il messaggio importante dell’amicizia.

Nei Moschettieri del re si ride per dei tempi comici spesso perfetti  e per un ritmo ben calibrato. Purtroppo nonostante i buoni intenti, si perde nel finale contemporaneo (ambizioso), in cui entrano in campo un bambino e il suo immaginario – non sveliamo rispettando la volontà degli ideatori del lungometraggio.

Nota di merito sul piano tecnico va agli splendidi costumi di Alessandro Lai, alla curata fotografia di Tani Canevari (con cui Veronesi lavora da tempo) e alle scenografie di Tonino Zera che ben ci trasportano in quegli anni.

Il nostro voto

6,5

La frase

“Siamo tutti reduci”

 

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