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Il viaggio di Fanny. Il Giffoni Film Festival ricorda la Shoah – La nostra recensione

Il viaggio di Fanny

Il viaggio di Fanny

«Volevo raccontare la storia di chi è costretto a crescere velocemente»

Queste parole di Lola Doillon, regista di Il viaggio di Fanny, una storia vera. Pellicola ispirata alla biografia di Fanny Bel-Ami e vincitrice del Giffoni Film Festival 2016, arriverà nelle sale il 26 e 27 gennaio per la Giornata della Memoria (si può consultare l’elenco delle sale e prenotare il biglietto sul sito www.ilgiornodellamemoria.it).

Il viaggio di Fanny – trama

Francia 1943. Fanny è una dodicenne ebrea che insieme alle due sorelline Erika e Georgette sono state affidate dai genitori ad una colonia francese nel Nord Italia. La struttura fa parte di una rete di organizzazioni clandestine le quali, in quei tumultuosi anni, si occupava di mettere in salvo i bambini dalla guerra e dall’Olocausto. Ma una volta intensificati i rastrellamenti nazisti in territorio italiano, Fanny insieme alle sorelle e ad altri piccoli ospiti della colonia, è costretta alla fuga, con il coraggioso aiuto degli adulti, per raggiungere la neutrale Svizzera. Un viaggio fatto di momenti difficili, prove da affrontare, fatica, il cui valori portanti dell’amicizia e della solidarietà faranno la differenza fra la vita e la morte. Lasciati soli, un gruppo di bambini imparerà a comprendere il mondo, a capire di chi fidarsi in una lotta alla sopravvivenza fatta anche di momenti spensierati, di gioco, sullo sfondo di un atroce conflitto. Ed è proprio questo l’aspetto più interessante. Doillon riesce a comunicare una tragedia con la massima sensibilità, verso il suo giovanissimo pubblico, puntando più che sul realismo e sulla descrizione di fatti cruenti, sulla relazione di un gruppo di fanciulli, la separazione forzata, il passaggio dall’infanzia al periodo adolescenziale, adottandone anche il loro punto di vista.

Il viaggio di Fanny non ha la pretesa di assurgere ad una pellicola simbolo, ma nella sua semplicità non perde di carica emotiva, portando il piccolo spettatore come quello adulto, con la dovuta delicatezza, a conoscere una parentesi storica ancora aperta per l’umanità.

Un plauso ai giovanissimi e spontanei attori: Léonie Souchaud che dà vita ad una determinata Fanny, Fantine Harduin, la simpatica Juliane Lpoureau nel ruolo della piccola Georgette, Rayan Brodie l’introverso Victor e l’intenso Igor Van Dessel.

Oggi, a Tel Aviv, la vera Fanny, ripensando alla sua avventura, si abbandona alla riflessione con queste parole:

«Desidero che il mio messaggio venga compreso, affinché alcune cose non si ripetano. Da ogni parte si levano voci che ricordano moltissimo quelle che si sentivano allora. Questo è molto pericoloso, anche per coloro che non sono ebrei, andranno in cerca di altri bersagli. Ci riguarda tutti».

 Voto per noi: 7

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