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Geoff Westley: “Collaborare con Battisti è stata l’esperienza più soddisfacente”

Geoff Westley Sanremo
Foto di Lukasz Rajchert

In questi giorni sanremesi, le interviste non sono riservate solo agli artisti protagonisti di questa edizione, ma anche ai direttori d’orchestra come Geoff Westley.

Abbiamo incontrato il Maestro durante la mattinata della quarta giornata del Festival e, seduti davanti ad un caffè, ci ha raccontato com’è nato il suo album “Piano Solo”, delle collaborazioni con grandi artisti come Lucio Battisti e di quanto sia difficile la situazione per gli artisti di oggi.

Geoff Westley: l’intervista

Dopo Sanremo, ci sarà un tour e un nuovo album. Com’è nato questo disco?

Questo album è un “Piano Solo” ed è nato un po’ di anni fa: ho deciso di lasciare acceso il registratore mentre suonavo il pianoforte, componevo e arrangiavo dei pezzi.

L’anno scorso, riascoltando ho visto che c’erano cose interessanti così ho rivisitato tutto il materiale: ho trascritto tutto, tagliato, editato, sviluppato quindi perfezionare questi brani.

Ne sono uscite 5 improvvisazioni che durano tra i 12 e i 17 minuti, quindi non si parla né di canzoni pop (con un brano che dura 3 minuti e mezzo) né di jazz perché non sono jazzista.

Vengo dal mondo classico e sono stato influenzato da compositori tipo Chopin, Rachmaninov, i miei preferiti.

Quando ci sarà il tour?  

 Debuttiamo il 28 aprile al Casinò di Sanremo e saremo solo io e il pianoforte sul palco.

 C’è qualche città in particolare che vorrebbe toccare in questo tour?  

Sicuramente Roma e sembra che farò una data importante, ma c’è ancora da confermare quindi non voglio dire altro, ma sono contento di girare tutta l’Italia, chi mi invita, insomma.

Questo festival ci sono state molto rivelazioni, incontri di vari generi, dalla canzone pop tradizionale fino alla musica indipendente. Cosa ne pensa di queste nuove correnti? Come è stato dirigerle?  

La decisione che ha fatto Claudio coinvolgere anche gli artisti indipendenti è stata molto giusta, perché per loro spesso è difficile trovare lo spazio nel mondo promozionale e dare loro un aiuto è una cosa buona e positiva.

Lei ha prodotto dei brani molto importanti di Lucio Battisti, ci può raccontare quest’esperienza? 

È stato meraviglioso lavorare con Lucio Battisti, inoltre lui è stato la mia prima collaborazione italiana e resta la migliore, la più soddisfacente: era un uomo molto tranquillo.

Quando è venuta a lavorare in Inghilterra (non ha voluto lavorare in Italia sotto lo sguardo di tutti che volevano seguire quello che faceva) abbiamo trascorso due mesi, forse un po’ di più, insieme finché non è arrivato il momento di aggiungere i cori.

In Inghilterra avevamo bravissimi coristi, ma non parlavano italiano, l’accento non era corretto, quindi gli ho proposto un amico che era metà italiano: Frank Musker. Si sono trovati subito bene.

Mi ricordo che Frank mi chiese se sapessi chi fosse Battisti e io gli risposi “Mah, sto facendo il mio lavoro e sto cercando di farlo al meglio”.

È stato proprio Frank a raccontarmi l’importanza che aveva in Italia Battisti, ma la cosa interessante è che Lucio in 2 mesi o poco più di lavoro non ha sentito il bisogno di farmi capire quanto fosse importante.

Era così umile e tranquillo, siamo stati così, lui poteva essere un artista di medio livello e io non lo sapevo.

Lei è uno dei più grandi collaboratori artistici di questo Sanremo. Quale percorso consiglia ai giovani che decidono di intraprendere questa carriera? 

Il mercato di oggi è molto, molto difficile per loro rispetto all’epoca di quando ho iniziato a lavorare con Lucio.

In quel periodo c’era la fabbrica del RCA sulla Tiburtina (adesso non c’è più), che aveva tutto: 5 studi di registrazione, tutti gli uffici dell’edizione e di distribuzione, c’era anche chi fabbricava i dischi. Tutto accadeva lì.

Inoltre, c’era anche una mensa ed era una cosa bellissima, molto democratica perché tu potevi stare a pranzo sia con artisti come Lucio Dalla, Renato Zero che con i due ragazzi che guidavano i furgoni per portare i dischi a Torino.

Questo ha creato una fornace di creatività, ognuno ispirava l’altro, gli arrangiatori discutevano tra di loro scambiandosi le idee. La RCA con i suoi studi gratuiti ha permesso di sperimentare, fare album e di far trovare ad ognuno la propria creatività.

Oggi, un artista emergente non ha questo lusso, non ha questo tempo: è come un fiore e bisogna avere tempo per fiorire, per crescere e non è una cosa che si può velocizzare.

Un artista è un creativo e ha bisogno di trovare e sperimentare le influenze che gli arrivano per poi rielaborare il proprio lavoro.

Invece, agli artisti è permesso di fare un singolo solo e se non vende bene la carriera finisce lì: è brutto perché questa situazione non permette di creare nuovi Dalla, Battisti, Baglioni, Zero, De Gregori.

Musica a Milano

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