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Children 404, il docufilm sulla Russia omofoba: intervista a Kurov

children_404_kurov

children_404_kurovQuarantacinque teenager, quarantacinque vite che lottano per la normalità. Sono loro al centro del film documentario di Askold Kurov sulla comunità LGBT in Russia. Dopo l’approvazione da parte di Putin della legge contro la propaganda omosessuale, i giovani dichiaratamente gay sono presto divenuti vittime di ogni sorta di abuso e violenza sia psicologica che fisica, visti dalla società come malati o anormali. Ciò che il regista e produttore ci propone è una serie di interviste e testimonianze strappate a ragazzi e ragazze intenzionati a mettersi in gioco, pur di far comprendere al mondo che quello di cui hanno bisogno non è di essere incolpati, ma aiutati!

Children 404 è il film documentario che tutti dovrebbero vedere. Come nasce l’idea di portare sullo schermo un argomento così delicato?

“Ci siamo accorti che la società stava cambiando. Era importante, per noi, che la cosa venisse presa in considerazione, che se ne parlasse, se ne prendesse atto! Per un lungo periodo siamo andati alla ricerca di personaggi attraverso i quali raccontare la situazione della Russia attuale. Inizialmente pensavamo di concentrarci su testimonianze di persone adulte, abbiamo trascorso sei mesi di ricerca e alla fine abbiamo trovato il gruppo di supporto Children 404, poco tempo dopo era chiaro che avessimo trovato il fulcro di tutto il film.”

E’ stato complicato reperire tutto il materiale di cui avevate bisogno? Avete mai temuto per l’incolumità dei ragazzi o ragazze che avete intervistato?

“La cosa più difficile è stata sicuramente trovare individui disposti a parlare apertamente dell’argomento. Non avremmo mai potuto portare avanti questo progetto senza l’aiuto di Lena Klimova, la fondatrice del gruppo “Children 404″: lei ha creduto in noi fin dall’inizio e ha riposto la sua fiducia nelle nostre mani, così ha deciso di sostenere la produzione del film. E’ stata lei ad inviare più di settecento lettere d’invito a tutti i partecipanti che, al tempo, avevano mandato le proprie storie alla pagina online del gruppo. Settantotto di questi avevano dato la loro disponibilità a prendere parte al film. Per un intero mese ci siamo mantenuti in contatto con i futuri protagonisti, registrando le interviste via skype e telefonicamente; ci è voluto un altro mese per poi mettere insieme tutto il materiale video che ci era stato inviato da molte differenti città della Russia. Su settantotto partecipanti siamo riusciti ad intervistarne quarantacinque, in quanto alcuni avevano semplicemente cambiato idea, in altri casi i genitori degli intervistati avevano intercettato la corrispondenza, altri ancora invece non si sentivano veramente pronti ad affrontare problemi così intimi. Fin dall’inizio abbiamo stabilito che le interviste sarebbero state anonime, il che era una garanzia molto importante per alcuni dei ragazzi, era una questione di sicurezza. Tuttavia, alcuni di loro hanno deciso di non nascondere le proprie facce, inviano dei video in cui si riprendevano in primo piano.”

Alcuni attivisti ortodossi hanno fatto irruzione nella sala della premiere, nonostante fosse una proiezione privata. Non ha temuto di essere arrestato o peggio?

“La prima proiezione privata è stata interrotta da un gruppo presentatosi come “vigilante”, seguito dalla polizia. Si sono lanciati nella stanza con cartelloni inneggianti ‘Mosca non è Sodoma’ accusando noi e gli organizzatori di promozione di propaganda omosessuale. La polizia ha subito interdetto l’uscita a chiunque e ha controllato ogni carta d’identità ai fini di verificare che non ci fosse nessun minorenne presente. Per gli spettatori è stato uno shock, ma sono rimasti uniti e hanno iniziato tutti in coro a gridare “Vogliamo vedere il film!” così, dopo l’allontanamento dei suddetti “attivisti”, la proiezione è continuata ma sotto una luce differente, sembrava che il sottile confine che separa film e realtà fosse stato oltrepassato. Alla fine la platea si è trattenuta a lungo e ha instaurato un vivace dibattito. Due mesi dopo l’accaduto siamo stati richiamati per un interrogatorio dall’ufficio della procura di Mosca dopo la querela di un Membro del Parlamento russo. Al momento stanno aspettando la valutazione da parte di un esperto, per stabilire se si trattasse o meno di propaganda omosessuale, è difficile stabilire a quali conseguenze andiamo in contro; molto di quello che sta accadendo al momento in Russia è imprevedibile.”

In quale occasione, o meglio, in quale Festival il film ha riscosso più successo? Avete avuto anche la possibilità di proiettarlo in qualche altra città russa?

“Al momento il film è disponibile in Russia, su YouTube; anche due festival, ad Ivanovo e Vladivostok, l’hanno incluso nei loro programmi. L’audience ha accolto molto bene il progetto, ma a volte abbiamo affrontato dei Q&A molto difficoltosi. L’anteprima mondiale del film è stata quest’anno al Toronto Film Festival, oltretutto “Children 404” è stato scelto come documentario del Closing Gala all’Open City Docs Festival di Londra.  Questo autunno il film verrà presentato in numerosi festival Europei ed avrà una distribuzione limitata ad alcuni cinema negli Stati Uniti. A giudicare dalla reazione del pubblico, con questo film riusciamo a toccare la sensibilità dello spettatore, a volte portandolo persino alle lacrime. Alla fine di alcune proiezioni a Toronto il pubblico ha omaggiato il protagonista, Pasha (Ora Justin), con delle standing ovation; i nostri feedback migliori ci giungono proprio da questa città.”

Ciò che lei ha fatto è stato un grande atto di coraggio. Così è stato anche per i ragazzi che hanno deciso di condividere le proprie testimonianze. Lei ha dato una voce ad ognuno di essi, una possibilità di essere ascoltati a tutti quei teenager che lottano per l’affermazione del loro essere nella società. Tutto questo ha avuto un impatto anche sulla sua vita?

“Sì, naturalmente. Ho affrontato anche io un lungo labirinto alla ricerca di me stesso, alla ricerca di una risposta alle domande riguardo la mia stessa omosessualità e persino riguardo la mia omofobia. Ho imparato davvero molto da questi ragazzi. Mi sono sentito e mi sento tutt’ora più libero, così ho deciso di fare outing con mia madre e lei mi ha compreso ed accettato.”

C’è una storia, tra quelle nel film, ma anche al di fuori delle telecamere che l’ha colpita in modo particolare e che è disposto a condividere con noi?

“Certamente. Abbiamo escluso le storie più pregne di violenza dal film in quanto il nostro scopo era di concentrarci sull’omofobia più in generale e probabilmente queste ultime sarebbero state più adatte ad un altro genere di film. C’è stato il racconto di questa ragazza quattordicenne che, nella sua piccola cittadina russa, ha deciso di compiere un atto di puro coraggio e porsi al centro della piazza principale, da sola, a protestare contro le leggi anti-gay. E’ stata perseguitata dagli attivisti, dalle autorità, espulsa dall’amministrazione scolastica e picchiata più volte non solo dai suoi genitori ma anche e ripetutamente dai suoi vicini. Come se “tutto il mondo” fosse contro una singola ragazza, shoccante!”

Pensa che i genitori o gli amici dei protagonisti vedranno mai il film? Cosa accadrebbe se lo facessero? Pensa che potrebbe far cambiare loro idea e permettere loro di comprendere?

“Si, speriamo esattamente che il documentario aiuti i genitori, parenti e amici dei ragazzi LGBT a cambiare il loro modo di vedere le cose. E’ proprio per questo motivo che lo abbiamo pubblicato su YouTube in Russia e abbiamo già ricevuto lettere di ringraziamento da parte di alcuni giovani e i loro genitori.”

Nel film si parla di suicidio, di violenza e abusi, cose che molte persone in tutto il mondo e non solo in Russia neppure immaginano. Crede che la causa di questa condotta orribile sia da attribuire all’ignoranza principalmente?

“Assolutamente si! L’ignoranza da parte delle autorità, da parte degli psicologi e dei professori, coloro che più dovrebbero aiutare i ragazzi nel periodo della crescita. Credo che l’ignoranza sia un crimine: la Russia è il paese con il più alto tasso di suicidi fra i teenager in Europa. L’omofobia è un sentimento sempre più diffuso e la situazione non fa altro che peggiorare; proibiscono persino che il problema venga affrontato o discusso, in quanto è considerato propaganda omosessuale lo stesso dibattito.”

Dopo tutto ciò che ha scoperto, ascoltato, le risulta ancora possibile perdonare il proprio paese e viverci?

“Non vedo il mio paese unicamente come un governo e un insieme di persone che permettono questa violenza insensata contro il “diverso”. Non li perdono per questo. Il mio paese significa anche amici, professori, persone che hanno bisogno di aiuto. Non posso abbandonarli. Ho intenzione di rimanere in Russia almeno finché la mia vita e la mia libertà non saranno messe a repentaglio.”

Considerando l’importanza del messaggio che il film vuole passare, dove potrebbero prenderne visione i nostri lettori? E’ in programma un’eventuale distribuzione?

“Per il momento la proiezione è limitata ai festival in giro per il mondo e in particolare nei cinema americani. In Canada, molto presto, il programma “Docs For Schools” farà prendere visione del documentario ai bambini di numerose scuole. Non abbiamo ricevuto ancora alcuna richiesta di broadcasting, ma abbiamo un’ottima distribuzione grazie al tedesco “Rise&Shine World Sales”, quindi spero che a breve possa essere disponibile per la televisione.”