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Intervista a Barbara Pozzo, moglie di Ligabue: 24 meditazioni sulla gioia

Barbara Pozzo. Foto di Jarno Iotti_10B_wide

Giovedì 29 gennaio Barbara Pozzo – moglie di Luciano Ligabue – incontrerà per la prima volta il suo pubblico a Milano (Mondadori Multicenter di Piazza Duomo, ore 18.30) per presentare il suo nuovo libro La vita che sei: 24 meditazioni sulla gioia edito da BUR Rizzoli, in un dibattito moderato dalla scrittrice Chiara Gamberale.

Non un manuale sulla felicità, né un elenco di esercizi, ma un percorso di consapevolezza per “restituire e condividere” quanto imparato in 30 anni di lavoro a Milano come terapista. “Con i miei pazienti ho potuto toccare con mano come funzioni la strada della guarigione e del benessere profondo. Non pensavo di mettermi in pubblico, ma dopo tante e-mail e messaggi ricevuti mi è sembrato giusto incontrare chi me l’aveva chiesto” racconta Barbara, che è l’autrice del seguito blog Somebliss, a Milano Weekend. “Considero Milano la mia città – spiega – anche se sono nata in Piemonte”.

Barbara, com’è possibile far diventare la gioia una notizia e superare i sentimenti negativi?

“Devi sostituire alla parola gioia il sinonimo vita. È la consapevolezza di un dono, a prescindere da quello che abbiamo. È un giardino che va coltivato, è sempre possibile allenare questo ‘muscolo’: dopo un po’ si spalancano alcune porte interiori e viene facilitata la giusta disposizione d’animo“.

Come curi il tuo rapporto con i lettori, in particolare su Facebook?

“Non avrei nemmeno immaginato di passare così tanto tempo nei social network. Le persone hanno un estremo bisogno di raccontare le proprie storie e io rispondo a tutti, davvero, con grande piacere, anche se è impegnativo”.

Ospedali, case di cura, luoghi di sofferenza o rinascita: hai una storia in particolare?

“Ogni volta ho avuto sotto gli occhi e le mani quanto siamo in grado di fare, mi diventa difficile raccontare un caso specifico. Alcuni sono stati più eclatanti, come per chi era stato in coma. Mi meraviglia sempre quanta vita può esserci in un corpo. Il minimo comune determinatore è l’amore, voler guarire, non solo tornare in piedi: avere una stabilità che permette il benessere a prescindere”.

Quando hai cominciato a scrivere? Come si fa a non farsi scoraggiare?

“A un certo punto, spinta dalla visione di tutto quello che avevo raccolto negli anni, mi sembrava talmente meraviglioso da doverlo metterlo a disposizione di tutti. L’importante è ricordarsi di accogliere tutto quello che arriva. Il terapeuta dovrebbe mettersi nell’ottica di essere un accompagnatore, ma il viaggio lo fa sempre e solo il paziente. Non tutti siamo pronti ad affrontare certe cose: posso fare del mio meglio, ma tu devi accettarlo, magari i tempi non sono quelli sperati. Bisogna dare il tempo al corpo e non solo di lasciarsi aiutare.

Qual è la tua canzone preferita tra quelle di tuo marito?

“Alcune sono dedicate a me e mi toccano profondamente. Una in particolare è ‘Metti in circolo il tuo amore’: sento molto questo messaggio”.

Che ruolo ha avuto la musica nella tua vita?

È sempre stata importante per me, amando molto la danza. Amo il movimento, amo farlo, è un valore aggiunto. Ha volte ho utilizzato la musica, ma sempre come supporto ad altre terapie”

Quale canzone avresti voluto che Ligabue interpretasse o scrivesse?

“Lui è talmente personale che sinceramente faccio fatica a dirlo. Non è nelle sue corde fare canzoni di altri, ha bisogno di dire quello che vuole dire lui. Le canzoni di De Gregori si avvicinano molto. Ma non sta a me dirlo”.