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Massimo Boldi e Christian De Sica sono Amici come prima: la recensione del film

amici come prima recensione

13 anni, tanto è durata la “separazione” artistica che ha visto dividersi le strade di Massimo Boldi e Christian De Sica. Nonostante i due parlino di semplici casi del destino ci è voluto Amici come prima, un progetto nato come film drammatico, trasformato poi in una semi-parodia a cavallo tra Quasi amici, Mrs. Doubtfire e Tootsie, per riportare sullo stesso set e nella medesima inquadratura i due volti simbolo del cinepanettone italico.

D’altro canto si respira un’aria di rimpatriata nostalgica in questo film co-diretto da Brando e Christian De Sica (con il primo però che non ha voluto firmare la regia) in uscita il 19 dicembre: i titoli di testa per esempio partono con un effetto che ricorda quello delle vecchie videocassette e un brano che ci riporta in pieno agli anni ’80-’90 delle vacanze di Natale e compagnia bella.

Insomma, Amici come prima è anche una commedia (anzi, la solita commedia) ma non si può nasconderne la natura di evento, per chi ammira e gode di questo tipo di comicità.

Amici come prima: la trama e il cast del film

Come abbiamo detto, la premessa del film prende spunto da Quasi amici, per poi infilarsi nel classico filone en travesti tanto amato dai comici tricolori. De Sica veste infatti i panni di un esperto e stimato direttore di un prestigioso hotel che viene licenziato in tronco a seguito dell’acquisto da parte di una cordata cinese. Boldi è invece l’anziano miliardario proprietario della catena, allupato fuori tempo massimo ed eterno bambino, manipolato dalla figlia (Regina Orioli) che ha mire segrete sul patrimonio di famiglia.

De Sica, trovatosi senza lavoro e dovendo mantenere l’esosa moglie e il figlio rapper (rispettivamente Lunetta Savino e Francesco Bruni), decide di cogliere la palla al balzo, una volta venuto a sapere che il ricco magnate è alla ricerca di un’accompagnatrice – badante, in quanto tutte le precedenti sono scappate a causa delle sue intemperanze. Trasformatosi in una signora di mezz’età dal fascino ageé, per De Sica inizierà una doppia vita non semplicissima da gestire, che gli farà scoprire valori e priorità che aveva perso.

Amici come prima: il trailer

Amici come prima: la recensione del film

Come rinverdire il tanto vituperato cinepanettone classico, aggiornandolo alle esigenze di un mondo totalmente differente, più sensibile al politicamente corretto e all’umorismo intelligente? Il team di sceneggiatori – al soggetto compare il redivivo Fausto Brizzi – non ci prova neanche, e almeno dal punto di vista formale confeziona una commedia in cui le gag sono incentrate sulla collisione di elementi contrastanti: la finta badante che commenta a parte le avance del miliardario con bordate in romanesco, l’anziano riccone che si mostra sessualmente attivo e ossessionato (almeno nelle intenzioni), il mondo dell’altissima borghesia che flirta con i freak del volgo (la passione di Boldi per le signorine transessuali del paninaro di fronte allo Stadio San Siro).

Novità in realtà ce ne sono, ma più frutto della pressione dell’anagrafe che di una convinzione artistica. Se la comicità rimane ancorata allo slapstick più semplice, alla battutaccia e al nonsense (sopratutto di Boldi), la storia che fa da supporto alla stessa è per una volta sviluppata maggiormente, per quanto messa in scena in modo basilare. Trae infatti in inganno l’iniziale pianosequenza che promette chissà quale eleganza di movimenti di macchina: il modo in cui vengono raccontati gli eventi è sempre il più semplice e il più leggibile, privo di seconde letture, sfumature o normali suggestioni.

Dal punto di vista tematico ci sono timidi accenni all’attualità, nello specifico la disoccupazione e le difficoltà di reinserimento di un uomo in età avanzata sul mercato del lavoro, e la temuta trans-omofobia della premessa si ribalta invece tanto in un apprezzamento del cosiddetto terzo sesso, con una passione quasi felliniana per fisici  a dir poco prorompenti e lineamenti molto marcati, quanto in un messaggio di accettazione della diversità (che passa anche per due genitori che chiamano il figlio gay “culo”, ma tant’è).

Trattandosi dunque di un film di recitazione e di invenzione attoriale, è allora facile stilare una classifica delle performance: se De Sica si conferma solido interprete di questo tipo di commedie e Boldi, per quanto imbolsito, sorprendente in certe sue uscite surreali, a mancare del tutto sono i comprimari. La Orioli infatti risulta eccessivamente legnosa persino nel ruolo della “cattiva”, la Savino svogliata e approssimativa, e Maurizio Casagrande un po’ troppo appiattito sul cliché dell’uomo medio di fronte alla svolta rosa del suo ex direttore. Insomma, a funzionare sono sopratutto i duetti Boldi – De Sica, e per quanto gli sketch – perché tali sono – siano sempre tarati sulle grevità da avanspettacolo e su un repertorio ormai arcinoto, si respira l’aria di una piacevole riunione tra amici.

Non a caso quando i due personaggi si incontrano per la prima volta Boldi non può non chiedere al sodale dove si siano già visti, elencano una serie di mete vacanziere già oggetto dei loro film insieme. L’effetto per lo spettatore è un po’ lo stesso: quello di un piacevole brivido lungo la schiena al ricordo dei tanti viaggi in compagnia, solo per poi ricordare quanto fosse scadente e ripetitivo il menu della catena di hotel in cui si era soliti soggiornare. A qualcuno questa sicurezza piace, trovandola rassicurante, tutti gli altri farebbero meglio a investire meglio il loro tempo nella ricerca di un itinerario più stimolante.

Il nostro voto

Senza voto: mai come in questo caso prevale il principio del De gustibus.

La frase

Ma scusi, non ci siamo già visti? Miami, India…

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