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La torre nera: la nostra recensione del film tratto dalla saga di Stephen King

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Com’è possibile distillare l’essenza di una saga letteraria che copre almeno otto romanzi in un film di 90 minuti? E come inserirsi sulla scia dei prodotti di intrattenimento tipicamente estivo senza ricadere nelle ormai note formule dei blockbuster attuali? Sono le domande cui cerca di rispondere il film La torre nera, in uscita il 10 agosto, tratto dal celeberrimo ciclo fantasy firmato da Stephen King, che tanti fan ha guadagnato nel corso degli anni.

Diretto dal cineasta danese Nikolaj Arcel, noto principalmente per aver diretto il dramma in costumo A Royal Affair, e interpretato da una coppia di assi della recitazione cinematografica – televisiva come Idris Elba (Luther) e Matthew McConaughey (True Detective), La torre nera si pone come una sorta di compendio per principianti di un racconto molto più vasto e sfaccettato, con una certa predilezione per un’idea cinematografica anni ’90 tanto solida quanto antiquata.

La trama alla base del film vede infatti l’edificio del titolo, un’immensa struttura dalle proprietà misteriose, quale unico baluardo contro le forze dell’oscurità che dimorano ai margini dell’universo (anzi, del multiverso, trattandosi di una serie di mondi collegati da portali fantascientifici) e che non aspettano che il suo crollo per penetrare nella nostra realtà e scatenarvi l’inferno.

Alfiere, forse emissario, forse semplice entusiasta di queste forze (le sue ragioni non saranno mai troppo chiare), è Walter, l’Uomo in nero, lo stregone che tenta con ogni metodo e senza mostrare alcuna pietà di far cadere la Torre nera. Sulla sua strada si pongono i Pistoleri, membri di un clan guerriero armato di pistola e fede incrollabile, di cui Roland è l’ultimo sopravvissuto dopo una guerra sanguinosa.

Il loro scontro, che all’inizio del film per Roland equivale alla semplice vendetta, avrà come posta in palio Jake, un ragazzino che nella nostra New York ha delle strane visioni riguardanti i due. Ritenuto pazzo dai genitori, questi è in realtà il tassello chiave per decidere le sorti di una lotta che va avanti da tempo immemore. Inutile specificare quale lato fronte della battaglia sceglierà l’adolescente.

Come già anticipato in apertura, La torre nera sceglie di trattare un materiale vastissimo e sfaccettato come se si trattasse di un generico film d’azione fantasy degli anni ‘90, seguendo alla lettera tutta una serie di cliché, tropi e stereotipi del genere. Una visione nostalgica e artigianale, potrebbe sostenere qualcuno; una condotta poco rispettosa non solo per i lettori (inevitabilmente traditi in quasi tutte le trasposizione cinematografiche) ma anche e sopratutto per i neofiti e i semplici spettatori, che si ritrovano dinanzi a un prodotto molto equilibrato ma privo di anima.

Chiunque abbia più di 25 anni, infatti, potrà immaginare il dipanarsi della trama dai pochi elementi intuibili dal prologo del film: un ragazzino incompreso alla ricerca di una figura paterna, un eroe sfiduciato e cinico che cerca la sua vendetta ma che in realtà non aspetta altro che una chance di redenzione, un villain monolitico la cui superiorità sembra inscalfibile. Nel mezzo un viaggio di andata e ritorno tra i due universi, con tutte le differenze del caso tra la nostra realtà e un simil-medioevo postapocalittico con spruzzate di fantascienza, e tre scene d’azione non eccessivamente soddisfacenti sia dal punto di vista della coreografia che dell’investimento emotivo.

Da quest’ultimo lato a poco servono le interpretazioni generose di Elba e McConaughey, il primo nei panni di un pistolero solitario e di poche parole, roso dai sensi di colpa, e il secondo in un luciferino agente del male dallo charme sudista. I loro personaggi sono infatti monodimensionali e fin troppo riconoscibili nei loro archetipi; al contempo troppo spazio viene dedicato allo svolgimento della storia meno interessante, quella di Jake, con le sue visioni, i problemi domestici e il suo senso di spaesamento.

Da fantasy apocalittico La torre nera si trasforma velocemente, a circa un terzo della sua durata, nel più classico (e stravisto) dei buddy movie, in cui la strana coppia del caso è formata da un ragazzino volenteroso e un eroe riluttante. Nessuna sorpresa anche in questo frangente, con tutti gli snodi narrativi perfettamente e stolidamente incastrati l’uno all’altro come se si trattasse di un manuale di sceneggiatura per principianti. Ben poco si può dire anche per quanto attiene alla concezione e al design del mondo fantastico in cui si svolgono le avventure dei tre: un rimasticare alquanto debole di elementi noti e abusati, che quando tenta la strada dell’originalità (l’aspetto di un paio di creature, per esempio) sfocia nell’indistinzione.

Una volta si sarebbe parlato di un film “senza infamia e senza lode”, che “piacerà agli appassionati del genere” e che in fondo rappresenta una fonte di intrattenimento come tante altre, “senza pretese”: ma riteniamo che avallare la mediocrità a tutti costi non sia eticamente ed economicamente sostenibile (anche dal punto di vista del tempo speso), sopratutto dal momento in cui è possibile recuperare i film della scorsa stagione in una delle tante arene estive oppure dedicarsi ad altre attività. E d’altro canto viene da chiedersi: se una torre nera cade in mezzo all’indifferenza più totale, fa ugualmente rumore?

Il nostro voto: 5

Una frase: L’uomo in nero fuggì nel deserto e il pistolero lo seguì

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