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Aquarius: recensione del film con Sonia Braga

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Ci sono film che lasciano profondamente il segno, Aquarius di Kleber Mendonça Filho è tra questi.
Uscito il 15 dicembre in 13 copie, distribuito da Teodora Film, ha stupito per l’incasso avuto nel corso del primo weekend vista anche la programmazione in sala dei “cinepanettoni”, che è riuscito a superare.

L’incipit fa immergere lo spettatore, grazie anche alle note della bossa nova, in una dimensione di ricordo e memoria. Scorrono le foto in bianco e nero con i bambini sulla spiaggia della vecchia Recife (città del Brasile che si affaccia sul mare del Pernambuco).
Il regista e sceneggiatore brasiliano sceglie di farci fare un viaggio sorretto principalmente dalla protagonista, Clara (una Sonia Braga che incanta per la performance che offre). La donna è un ex critico musicale (elemento che continua a essere molto vivo nella sua quotidianità), rimasta sola, ma non per questo meno forte. S’intuisce sin da subito una determinazione e una forza interiori non comuni, che, al contempo non vogliono rappresentarla come un’eroina fuori dall’umano.

Una delle peculiarità di quest’opera sta nel riuscire a trasmettere un ritratto di donna a tal punto incisivo da non poter rimanere indifferenti. A ciò contribuisce la battaglia di resistenza che Clara compie. Lei vive, infatti, “in un palazzo molto particolare, l’Aquarius, costruito negli anni Quaranta sull’esclusivo lungomare di Avenida Boa Viagem. Un importante imprenditore ha acquistato tutti gli appartamenti del palazzo ma lei si rifiuta di vendere il suo. Inizia così una guerra fredda tra Clara e la società immobiliare che la tormenta di continuo” (dalla sinossi ufficiale).

Il plot del lungometraggio non esita a mostrarci anche i desideri di una donna sessantenne, tra cui rientra anche la volontà di conservare qualcosa che le è profondamente caro e che non è riducibile al giudizio superficiale di “quattro mura”. “La memoria, per la protagonista Dona Clara, è in primo luogo fedeltà a se stessa; è legame forte con la tradizione (che è tradizione degli anni Settanta, di libertà), con la famiglia, con la musica […] Ma è anche libertà di non negarsi il piacere” (dalle note di regia).
Non è semplice rendervi la percezione di quello che Aquarius è e può trasmettere, compreso qualcosa di ancestrale attraverso uno sguardo che passa dai totali sulla location ai dettagli di scarpe, permettendo alla platea di turno un’empatia rara. Aquarius riesce a farsi un manifesto etico e politico attraverso una storia particolare, toccando anche i tasti della corruzione, senza tralasciare gli strascichi del rapporto genitori-figli.

Presentato nella competizione ufficiale al Festival di Cannes 2016, Aquarius sta continuando il suo ricco percorso di festival, conseguendo anche premi importanti (come migliore regia e migliore attrice ai Fenix Awards, i premi assegnati a Città del Messico, dedicati al cinema iberoamericano) e il meritato successo al cinema. Da non perdere.

Voto: 8

Una frase: Sono io la vedova di tuo padre, non tu

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