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La ‘Napoli Trip’ di Stefano Bollani e Milano: intervista e video omaggio a Carosone

Paolo Crespi 8 anni fa
Stefano Bollani Milano

Stefano Bollani Milano

“Basta guardare il clima di oggi, qui a Milano (alle 21 il concerto all’Unicredit Pavilion in Piazza Gae Aulenti, metro M2-M5 Garibaldi) per capire perché un musicista desideri fare un disco su Napoli. A parte questo, di Napoli ho sempre amato il lato musicale, in particolar modo Pino Daniele e Renato Carosone, un personaggio che da bambino colpiva la mia fantasia per quella sua capacità di fare bene tutto: suonare il piano, gestire un gruppo, fare teatro, scrivere canzoni… essere addirittura una persona seria facendo tutte queste cose insieme. Da un certo punto di vista è lui che mi ha traghettato verso il jazz”.

Un debito di riconoscenza?

“Già in passato gli avevo dedicato un libricino (L’America di Renato Carosone, ndr), non volevo fare un disco solo su di lui, ma allargare il discorso a Napoli e per di più con una visione più ampia del mio singolo punto di vista. In ‘Napoli Trip’ (Decca) si ascolta molta musica diversa, perché ci sono molti complici che spesso hanno improvvisato su spunti minimi del sottoscritto. Come Daniele Sepe, che mi ha dato una mano per l’arrangiamento di due  classici di Raffaele Viviani e Nino Taranto, registrati a Napoli registrato con un ensemble napoletano. Daniele mi accompagna anche nel tour che parte in 15 luglio da Verucchio (Rimini), come sassofonista di un curioso quartetto che comprende Nico Gori al clarinetto e Manu Katche alla batteria. Poi c’è Hamilton de Holanda, perché un mandolino ci vuole per una canzone come ‘Reginella’, ma facciamo in modo che non sia napoletano. E un mago dell’elettronica norvegese come Jang Bang cui ho affidato ‘la torta’ di ‘Nu quarto ‘e luna’ e di un brano mio. Ha funzionato: una collaborazione che vorrei continuasse…”

Dopo “Carioca” dedicato a Rio, questo è il primo album che dedichi a una città. Cosa apprezzi di Napoli, a parte il clima?

“Quell’energia che viene da sotto, dal vulcano, e che i napoletani fanno fatica a gestire. Una città che vive di estremi: grandi difficoltà e grandi gioie. E si colloca in un universo parallelo prodotto in parte dai nostri pensieri. E naturalmente la melodia parte-nopea, che come ha detto qualcuno parte da Napoli ma poi se ne va per il mondo… Per andare dritto al cuore ho affrontato subito, per piano solo, un must della tradizione come “‘O Sole mio”.

“Come motivi la scelta di non utilizzare la voce umana, a parte la tua in “Guapparia 2000” di Lorenzo Hangeller?

“È stata casuale. Ma alla fine ci siamo resi conto che andava bene così. E forse abbiamo evitato il rischio di cadere nei cliché: come nel disco su Frank Zappa non c’era il chitarrista, nel disco su Napoli non c’è il cantante napoletano…”

Milano, dove se nato 44 anni fa e dove incontri stasera il tuo pubblico per presentare il nuovo disco a Milano Off, non è inclusa, per ora, in questo “Napoli trip”. Com’è il tuo rapporto con la tua ex-città?

“Essendomene andato molto presto, a tre anni, non per precoce spirito ribelle ma al seguito dei miei, non ho di Milano ricordi d’infanzia e quel legame affettivo che ti cambia necessariamente la prospettiva. Il rapporto dunque è proiettato nel presente e simile a quello che ho con le altre città, compresa Roma dove abito quando non sono in tour: standoci le vivo, non benissimo, perché non sono un amante della vita metropolitana in genere, per il ritmo che ti impone. Come uomo e come artista voglio avere il mio ritmo e non quello della strada lì sotto. Non c’è, proprio per questo, una città di cui sia innamorato, a parte forse Rio de Janeiro per motivi anche strettamente musicali. O Napoli, ma per il diffuso atteggiamento di ribellione alle regole della grande città: il napoletano ci vive ma ci gioca contro. Quando a Milano vedo che le persone stanno alle regole senza provare a sovvertirle mi dispiace. Le metropoli sono fatte apposta perché noi le buttiamo giù e ci reinventiamo qualcos’altro…”.

Ultimamente a Milano avrai notato qualche cambiamento, almeno nello skyline… la trovi migliorata?

“Trovo che si fanno grandi lavori, questo sì. Ma non essendo attaccato ai luoghi non ho chiara la percezione di un ‘meglio’. Quando ci torno non scendo mai nemmeno nello stesso albergo, incontro soprattutto persone. Dei quartieri forse  preferisco ancora l’Isola. E via Garibaldi, che ho frequentato un po’ di più negli ultimi anni”.

E per suonare o ascoltare i concerti dei tuoi colleghi, dove ti senti a casa?

“Amo soprattutto i teatri: l’Auditorium di Milano in Largo Mahler, sede della Verdi, dove manco da un po’, il Teatro dell’Elfo dove sono stato ultimamente, il Franco Parenti e naturalmente, va da sé, il Piccolo e La Scala“.

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