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Apes Revolution – Il pianeta delle scimmie: la recensione in anteprima

Valentina Fumo 10 anni fa
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Apes-revolutionEra il 1968 quando arrivò sul grande schermo il film di fantascienza Il pianeta delle scimmie, diretto da Franklin J. Schaffner e basato sul romanzo La planète des singes di Pierre Boulle: un grandissimo successo cui sono seguiti quattro sequel, un remake e due reboot, a formare uno dei più amati franchise della storia hollywoodiana.

Mercoledì 30 luglio è il giorno previsto per l’uscita italiana di Apes Revolution – Il pianeta delle scimmie (Dawn of the Planet of the Apes) che in America sta sbancando il botteghino con un incasso di 36 milioni di dollari alla seconda settimana di programmazione. Cambio al timone per l’ultimo capitolo della saga, rispetto alla pellicola del 2011 di cui il film è il sequel: Matt Reeves (Cloverfield, Blood Story) sostituisce alla regia Rupert Wyatt (Prison Escape); gli effetti speciali rimangono invece affidati al team della Weta Digital e Andy Serkis (Il signore degli anelli, King Kong, The Prestige) interpreta nuovamente Cesare, il leader delle scimmie, confermandosi l’attore del green screen per eccellenza.

Dieci anni dopo il rilascio del virus T-113, creato in laboratorio per curare la malattia di Alzheimer, ma rivelatosi mortale per l’uomo e capace di aumentare l’intelligenza delle scimmie, l’umanità si è quasi estinta. Pochi sopravvissuti si sono organizzati in una colonia guidata da Dreyfus (Gary Oldman), in una San Francisco desolata, ma le loro scorte di gasolio stanno per terminare; per questo, un gruppo guidato dal saggio scienziato Malcom (Jason Clarke) si addentra nella foresta di sequoie di Muir Woods per riattivare una vecchia diga, capace di ridare energia elettrica alla città. Ma nella zona si sono stabilite le scimmie guidate dal Cesare; al suo fianco il figlio quindicenne Occhi Blu e Koba, ex scimmia di laboratorio che nutre per gli uomini un incontenibile rancore.

Se ne L’alba del pianeta delle scimmie era chiaro il sottotesto ecologista, in Apes Revolution a riflessioni sulla natura umana e sull’accettazione del diverso si affiancano quelle sulla leadership, la guerra e il progresso culturale; anche il livello straordinario degli effetti speciali è funzionale non alla spettacolarità dell’azione (a nostro avviso la visione in 3D è inutile), ma a una verosimiglianza essenziale all’impatto emozionale del film che vuole dimostrare come non esista un parte giusta da cui stare, ma, prima di tutto, i singoli con la loro scala di valori, il loro libero arbitrio e le proprie scelte, indipendenti dalla loro appartenenza.

Il nostro voto: 7+

Una frase: “Colpa mia. Scelto fidarmi di Koba perché pensavo scimmie migliori di uomini. Ma non è vero, adesso vedo noi siamo uguali.” (Cesare)

Per chi: Per chi ha amato il personaggio di Cesare nel film del 2011.

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